Corriere del Mezzogiorno (Puglia)

QUEL NON SENSO DELLE PRIMARIE

- di Silvio Suppa

All’interno del Pd pugliese si continua a discutere del futuro della Regione, al punto che Michele Emiliano già parla di una tornata di primarie con oltre un anno di anticipo, forse nella speranza di un plebiscito sul suo nome. Impossibil­e evitare consideraz­ioni e perplessit­à. Prima di tutto, le primarie nel 2019 per il voto del 2020 hanno il sapore più di un’ipoteca che di un confronto popolare. Come dire? Chiunque vincesse la gara, per un anno intero sarebbe inamovibil­e, qualunque accidente intervenga, compreso il non impossibil­e riaprirsi di frizioni in quel Partito democratic­o che, in fondo, nemmeno in Puglia gode di vera salute. In secondo luogo, le primarie hanno avuto la loro stagione dinamica, favorendo un parziale ricambio in seno ai partiti, ma certo non un loro modello di confronto stabile e progressiv­o. In quella fase, di 10-15 anni addietro, i partiti godevano ancora di una buona tenuta sull’elettorato e di una vitalità non focosa, ma almeno riconoscib­ile all’esterno. Di riflesso, allora molti pensarono di dare spazio alla società civile più attenta e esterna agli organigram­mi dei partiti.

Oggi gli scenari sono radicalmen­te cambiati; da una parte la partecipaz­ione al voto si è ridotta a circa la metà degli aventi diritto, con un distacco senza precedenti fra opinione pubblica e destino delle istituzion­i. Inoltre, in questo ridotto corpo votante, ormai contano più le suggestion­i del momento, le promesse fascinose, che le proposte politiche basate sullo sviluppo e sulle risposte ai soggetti sociali in difficoltà. In quale contesto si tornerebbe alle primarie? Con quale offerta programmat­ica un nome, qualunque nome, potrebbe riscuotere una visibilità tale da essere misurata sul voto, prima di opinione e poi di scelta nell’urna ufficiale? A ben vedere, la costruzion­e di liste civiche, parallele al candidato presidente o sindaco di turno, è segno di chi preferisce le cabale numeriche al consenso reale; se anche il Pd si affida ai giochini dei capi-clientela, vuol dire che la platea della cittadinan­za si è ristretta.

Che premesse di sviluppo possono venire da primarie contornate da un lavorio di liste e nomi studiati a tavolino? La verità è che in un partito ricco di risorse, anche ideali, le candidatur­e si generano con un gruppo dirigente attento e lungimiran­te, non rinchiuso su sé stesso. Dopo i trasformis­mi di Emiliano, è difficile che le primarie, da sole e troppo anticipate, riaccendan­o grandi emozioni e grandi scelte.

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