Corriere del Mezzogiorno (Puglia)
«La nostra forza è il made in Italy»
Parla l’imprenditore Antonio Quarta, delegato pugliese del comitato nazionale caffè «Ma burocrazia, accesso al credito, costo del lavoro e infrastrutture restano i punti deboli»
«In Puglia, oltre al buon vino e al buon olio, in genere si trova pure un buon caffè, grazie anche al contributo del turismo, in crescita e negli ultimi tempi apparso più slow e meno di massa». Così Antonio Quarta, delegato a parlare del comparto pugliese del caffè da Mario Cerutti, presidente di Ecf (Federazione europea caffè) e del Comitato Italiano Caffè (Cic), di cui Quarta è socio e membro del direttivo.
Quali punti di forza ha il caffè pugliese e italiano?
«Uno è nella sua natura “orizzontale”: è nelle dispense di quasi tutte le famiglie italiane, perché è un bene di largo consumo. E poi c’è la fama mondiale dell’espresso italiano, che traina le esportazioni».
…espresso che a maggio scorso il Cic ha blindato con un «disciplinare».
«Si è fatto un gran lavoro. Lo abbiamo voluto per tutelare un made in Italy, il know how di maestri torrefattori, miscelatori e somministratori. Il vero espresso tradizionale è macinato all’istante, prodotto con una macchina professionale, con un percolato a una particolare temperatura e pressione, un certo tempo ecc.».
Dettagli trascurati dal caffè in capsule, ad esempio.
«Eppure è spesso associato all’espresso. E così ruba fette di mercato al bar e alla moka. Ma più per valore che non per quantità: lo si arriva a pagare, infatti, anche 80 euro al chilo. In più la capsula spesso è in plastica che, percolata ad alte temperature, ha controindicazioni per la salute, oltre che per l’ambiente nello smaltimento. In futuro diventerà organica. Ma resterà un caffè dalla preparazione veloce, che nulla ha a che fare con l’espresso tradinoscere zionale».
Quali, invece, i punti deboli del comparto?
«Sono quelli endemici del Paese: burocrazia, accesso al credito, costo del lavoro, infrastrutture. E poi la forte concorrenza tra torrefattori nel settore ho.re.ca, che li spinge a ricoper troppi benefit ai clienti, magari a scapito della qualità. Mentre la grande distribuzione, favorita dalla politica, li costringe a investimenti enormi e a concedere sconti eccessivi, anche qui a discapito della qualità».
La Puglia in questo è specchio del Paese?
«Sì. Anche qui paghiamo nell’ho.re.ca. i danni di liberalizzazioni interpretate come jungle senza regole. Non si fanno più i piani commerciali. I consumi nei bar crollano e, di riflesso, i nostri investimenti si fanno sempre più onerosi».
La preoccupa il calo dei fatturati degli ultimi anni?
«Credo sia una conseguenza dell’invecchiamento della popolazione, con cui crescono i casi (ulcera, ipertensioni ecc.) in cui è controindicato il consumo di caffè, che pure, per i soggetti sani, resta una bevanda salutistica. La flessione va compensata con le esportazioni, in cui il Sud però fatica (salvo eccezioni) per motivi logistici e per la distanza dai mercati più ricchi del nord Europa. Ma finché c’è la qualità, il futuro non fa paura».