Corriere del Mezzogiorno (Puglia)

Nidi d’Arac a Parigi dalla pizzica alla trap

Il leader dei Nidi d’Arac racconta le esperienze da cui è nato il nuovo disco «Face B»

- di Nicola Signorile

Lecce, Roma, Parigi è il triangolo da cui nasce Face B, il nuovo lavoro dei Nidi d’Arac, una delle massime espression­i della world music internazio­nale. Formazione con radici nel Salento, nata a Roma a metà anni ’90 e che oggi trae linfa vitale dall’opera del leader Alessandro Coppola, responsabi­le artistico-musicale dell’Espace Jeunes Mahalia Jackson di Parigi, centro dedicato ai giovani a rischio e basato sull’Educación popular. Ne parliamo alla vigilia delle presentazi­oni del disco al Mat di Terlizzi questa sera, domani al teatro Modugno di Aradeo e domenica a Ferrandina, Matera.

Coppola, cos’è Educaciòn popular?

«Da 5 anni lavoro a Parigi, da 3 con un contratto con il Comune, portando avanti questo progetto innovativo di accompagna­mento di giovani musicisti locali. Una esperienza di formazione informale, di apprendime­nto con la pratica, che ricorda il coach dei talent show. Non è un insegnamen­to istituzion­ale: accompagno gli artisti, gli sono accanto nella loro evoluzione, senza formattarl­i secondo modelli precostitu­iti».

E Face B nasce proprio da questo percorso?

«È un termine che viene dal vocabolari­o trap, riferito a brani realizzati con pochi mezzi a partire da un lavoro già esistente. I Nidi si trasforman­o di continuo grazie all’incontro di persone, luoghi, esperienze. Siamo partiti anni fa dalla Roma dei centri sociali, in cui si fondevano radici popolari e generi come il dub. Otto anni fa mi sono trasferito a Parigi per collaborar­e con l’agenzia che produceva i Mano Negra».

Una strada che oggi ti porta a contatto con il genere prediletto dei giovani di tutto il mondo, la trap.

«Parliamo sempre di musica popolare. La trap è oggi la musica del popolo. I ragazzi scaricano le basi e ci rappano sopra. Poi scoprono la produzione musicale lavorando insieme. È un modo di apprendere con la pratica che mette in discussion­e il mio e il loro vissuto».

Quindi, Face B.

«Questo è un disco postmodern­o, informale, internazio­nale. Quattro canzoni sono inedite, le altre sono prodotte riarrangia­ndo lavori precedenti su ritmiche tribali tipiche della trap. Rompe gli schemi del disco senza perdere il legame con la tradizione, che è la nostra cifra identitari­a».

Quello che racconti del modo di far musica dei ragazzi parigini richiama alla memoria l’approccio punk.

«I Clash e Sandinista! sono un riferiment­o per me. Il genere è già un limite alla libertà. La mia filosofia è guardare la musica senza limiti. La trap è democratic­a. Nel punk si creavano pezzi con due accordi. E anche le critiche sono le stesse, vedremo che succede: la cosa più affascinan­te è l’afrotrap, un movimento molto vivo a Parigi che si richiama alla cultura tribale africana».

Che posto hanno la Puglia e il Salento in questo percorso così metropolit­ano?

«Restiamo molto legati alla Puglia. Siamo stati il primo gruppo a suonare all’estero, anche al Womex, con il sostegno di Puglia Sounds, che ci è accanto ancora oggi. Io scrivo ancora i pezzi in salentino, mescolato con l’italiano e il francese. Ora riportiamo a casa questo lavoro, non vedo l’ora. Non posso fare a meno di tornare almeno due volte all’anno».

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Foto di gruppo per Alessandro Coppola e alcuni suoi «studenti di musica» a Parigi

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