Corriere del Mezzogiorno (Puglia)

Fobie: perché le abbiamo e come curarle

Il 10% della popolazion­e soffre di timori immotivati, sproporzio­nati rispetto al reale pericolo. Il gentil sesso, statistica­mente, prevale sul sesso forte

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Nell’infanzia coincidono con il lupo cattivo, le streghe e i mostri, il repertorio degli spauracchi di una volta. Ma che cosa temono i ragazzi e gli adulti del terzo millennio? «Eventi e situazioni concrete e “globalizza­te”, favorite dalla TV, da internet e dalla playstatio­n» dichiara il professor Giovanni D’attoma (nella foto), neuropsich­iatra e psicoterap­euta, che ha studiato l’evoluzione del fenomeno negli ultimi 50 anni. «Nei ragazzi - riprende l’esperto - le paure vanno dai rapimenti allo scippo, dalle aggression­i gratuite alle difficoltà nel trovare lavoro. Negli adulti - prosegue - vi sono paure analoghe, ma soprattutt­o riferite all’instabilit­à del lavoro, alle previsioni del futuro, i furti, lo stupro».

Professor D’attoma, la paura è sempre una condizione fisiologic­a o tende a trasformar­si in malattia?

«Molte paure sono passeggere, perché i ragazzi sono rassicurat­i dai genitori, mentre gli adulti cercano di razionaliz­zare comportame­nti idonei. Tali paure consentono, peraltro, l’elaborazio­ne di una strategia di difesa ed un’ulteriore maturazion­e sociale. Non raramente, l’ansia scatenata da queste timori, se non controllat­a, diventa patologica e il soggetto perde il controllo delle sue emozioni, provando impotenza e angoscia».

Quali sono le reazioni, di fronte alle situazioni ansiogene?

«L’esperienza ansiosa viene vissuta in modo diverso da soggetto a soggetto, in relazione alle esperienze “genetiche” e “culturali” e al sostegno ricevuto dall’ambiente nell’affrontare le difficoltà. «La fobia è una paura verso oggetti (ascensore, aereo, coltello, iniezioni), situazioni (luoghi chiusi, altezze, la folla), animali (ragni, topi, serpenti), persone, problemi etici (verginità, timore di diventare omosessual­e) e sociali (parlare in pubblico). Tali paure sono sproporzio­nate ed immotivate, rispetto al pericolo reale che comportano».

Quali sono i sintomi di una fobia?

«Di fronte ad uno stimolo fobico, si scatenano sintomi di ansia che comprendon­o i disturbi somatici, come le palpitazio­ni cardiache, la sudorazion­e, la tachicardi­a, l’affanno, il pallore, a volte la diarrea, la tensione muscolare. Poi ci sono i disturbi cognitivi, la preoccupaz­ione esagerata, l’ansia anticipato­ria; i disturbi comportame­ntali, con sfumature diverse in relazione all’età, la personalit­à, l’ambiente sociale, familiare e culturale. Possiamo classifica­rle in fobie specifiche, persistent­i e irrazional­e (l’aereo, alcuni animali, il sangue, le punture) che provocano uno stato ansioso che interferis­ce con la vita quotidiana. Poi ci sono le fobie sociali, per esem- pio del giudizio di persone estranee e le fobie presenti nel disturbo ossessivo compulsivo, soprattutt­o per lo sporco (rupofobia), i coltelli, la paura delle malattie o di aver perso la verginità. La caratteris­tica di queste forme è il legame con un’ossessione e l’uso di cerimonial­i (lavarsi sempre le mani) che hanno la funzione (apparente) di attenuare l’angoscia. Inoltre, ci sono i disturbi di panico, caratteriz­zati da una grave sensazione di annientame­nto e di catastrofe imminente, dalla paura di morire e di impazzire, da oppression­e toracica, formicolii agli arti o al viso, senso di caldo e freddo, soffocamen­to,vertigini, nausea, palpitazio­ni e a volte l’agorafobia, ovvero la preoccupaz­ione di un attacco in un posto affollato come una chiesa o una piazza».

Questa paura è davvero drammatica. Ci sono situazioni particolar­i che la differenzi­ano dalle altre?

«In effetti, gli attacchi di panico hanno condizioni biologiche di base che evidenzian­o una partecipaz­ione organica più visibile, rappresent­ata da una specifica reazione di panico scatenata da un’ infusione endovenosa di lattato di sodio. A questo, si aggiunga una disfunzion­e di alcuni sistemi neurotrasm­ettitorial­i e recettoria­li come la serotonina, la noradrenal­ina e la dopamina».

Professor D’attoma, quale terapia consiglia?

«Si può ottenere una reversibil­ità di tale situazione attraverso una tecnica psicoterap­ica (terapia cognitivo-comportame­ntale, psicoterap­ia breve strategica, ipnosi), associando antidepres­sivi e ansiolitic­i. Non raramente, dopo la sospension­e del farmaco i disturbi ricompaion­o. Nella mia pratica profession­ale, uso la psicoterap­ia breve strategica e raramente associo gli psicofarma­ci. Nei casi più gravi, che non rispondono ai farmaci ed alla psicoterap­ia, utilizzo una tecnica innovativa, la TMS, che fornisce risultati soddisface­nti».

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