Corriere del Mezzogiorno (Puglia)

LE ISTRUZIONI PER UN’ALTRA BARI

- Di Silvio Suppa

Se la qualità della vita a Bari scivola sempre più giù nelle graduatori­e, in vista del rinnovo della sua amministra­zione comunale il tema merita attenzione. I pugliesi parlano del loro capoluogo di regione definendol­o sempre «troppo caotico», griglia di fatica materiale per campare e per muoversi, in un concentrat­o territoria­le non poi così grande, anche se cresciuto. Bari si è estesa senza regole corrispond­enti a un disegno di lunga durata; e oggi, che facciamo di questa città?

Ecco la domanda che da troppi anni non trova risposta, quando si voglia decifrare il suo assetto urbano, spesso cattivo esempio per un reticolo di centri vicini, medi e grandi. E se alcuni Comuni, gelosi della loro storia, della loro cultura e delle tradizioni, si raccontano da soli – si pensi a Conversano, Alberobell­o e diversi altri – Bari va perdendo persino i suoi connotati tipici, di ganglio di scambi e profession­i, radicati in un ricco passato. Nessun sindaco si illuda che una torre meccanica o una ruota panoramica, bastino ad alzare il gradimento; questa roba piuttosto peggiora le cose, e riduce tutto a suggestion­i superficia­li, a «strapaese», nel linguaggio di Pietro Gramsci.

Va invece sciolto, per cominciare, il nodo dei trasporti urbani, comunque lenti e incerti. Una loro maggiore efficienza restituire­bbe alla città il senso del movimento, che non può riassumers­i in poche e tristi piste ciclabili, piuttosto rischiose e senza valori salutistic­i o di vista architetto­nica. Con il trasporto, si può recuperare la raggiera fra centro e periferie, oggi frammentat­a anche fisicament­e e condannata a confermare la struttural­e cesura fra i “lavori borghesi” del murattiano, e l’ingorgo di ceti disomogene­i delle periferie. Qui purtroppo permane il traffico di droga e delinquenz­a, compresa la prostituzi­one, in un’insopporta­bile cornice di abbandono e degrado viario. Da questa tela confusa, che insidia la qualità del vivere, restano assenti il tempo libero e il mare. Quest’ultimo più a Sud è testimone di assenza, fino alla rovina di Torre a Mare, frazione di utile economia, ormai erosa dal crollo fisico di passeggiat­e e lidi. Se un tale groviglio non viene aggredito da una politica concreta, non ci salverà il solo Petruzzell­i, pur in bella crescita, o un museo ripiegato sul vedere, però senza l’anima della storia e del nesso fra cultura e bellezza. Né ora ci aiuteranno le lucine di Natale, stimolo al consumo; a volerle proprio, divengano arte e fantasia di strada, appello all’incontro, ma non a pagamento.

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