Corriere del Mezzogiorno (Puglia)
LE ISTRUZIONI PER UN’ALTRA BARI
Se la qualità della vita a Bari scivola sempre più giù nelle graduatorie, in vista del rinnovo della sua amministrazione comunale il tema merita attenzione. I pugliesi parlano del loro capoluogo di regione definendolo sempre «troppo caotico», griglia di fatica materiale per campare e per muoversi, in un concentrato territoriale non poi così grande, anche se cresciuto. Bari si è estesa senza regole corrispondenti a un disegno di lunga durata; e oggi, che facciamo di questa città?
Ecco la domanda che da troppi anni non trova risposta, quando si voglia decifrare il suo assetto urbano, spesso cattivo esempio per un reticolo di centri vicini, medi e grandi. E se alcuni Comuni, gelosi della loro storia, della loro cultura e delle tradizioni, si raccontano da soli – si pensi a Conversano, Alberobello e diversi altri – Bari va perdendo persino i suoi connotati tipici, di ganglio di scambi e professioni, radicati in un ricco passato. Nessun sindaco si illuda che una torre meccanica o una ruota panoramica, bastino ad alzare il gradimento; questa roba piuttosto peggiora le cose, e riduce tutto a suggestioni superficiali, a «strapaese», nel linguaggio di Pietro Gramsci.
Va invece sciolto, per cominciare, il nodo dei trasporti urbani, comunque lenti e incerti. Una loro maggiore efficienza restituirebbe alla città il senso del movimento, che non può riassumersi in poche e tristi piste ciclabili, piuttosto rischiose e senza valori salutistici o di vista architettonica. Con il trasporto, si può recuperare la raggiera fra centro e periferie, oggi frammentata anche fisicamente e condannata a confermare la strutturale cesura fra i “lavori borghesi” del murattiano, e l’ingorgo di ceti disomogenei delle periferie. Qui purtroppo permane il traffico di droga e delinquenza, compresa la prostituzione, in un’insopportabile cornice di abbandono e degrado viario. Da questa tela confusa, che insidia la qualità del vivere, restano assenti il tempo libero e il mare. Quest’ultimo più a Sud è testimone di assenza, fino alla rovina di Torre a Mare, frazione di utile economia, ormai erosa dal crollo fisico di passeggiate e lidi. Se un tale groviglio non viene aggredito da una politica concreta, non ci salverà il solo Petruzzelli, pur in bella crescita, o un museo ripiegato sul vedere, però senza l’anima della storia e del nesso fra cultura e bellezza. Né ora ci aiuteranno le lucine di Natale, stimolo al consumo; a volerle proprio, divengano arte e fantasia di strada, appello all’incontro, ma non a pagamento.