Corriere del Mezzogiorno (Puglia)
Veglia per Leogrande La bella serata di Koreja
Veglia collettiva con Fofi e altri testimoni per ricordare lo scrittore a un anno dalla morte
Una sorta di veglia funebre, nel senso irlandese: un incontro («In altre parole») dove si parla di chi non c’è più, lo scrittore-giornalista-conduttore radiofonico Alessandro Leogrande, e anche un po’ di noi, per elaborare insieme il lutto e sentirsi meno soli. Si vedono filmati e si ascoltano registrazioni dal capace archivio Rai (Radio Tre ha raccolto e messo a disposizione sul sito tutti i programmi e interventi radiofonici di Leogrande), si ascolta musica (un breve e intenso canto a voce sola di Stefano Luigi Mangia) si fanno letture ad alta voce dai suoi testi mentre piccoli vassoi di carta con generi di conforto (fritture, frutta secca, taralli) e bicchieri di vin brulé passano di mano in mano tra gli astanti. Una veglia in versione quieta, senza disperazione e senza esagerazioni; d’altronde, è passato un anno dalla morte di Alessandro Leogrande. Aveva appena raggiunto i 40, ma evidentemente - esordisce il suo maestro Goffredo Fofi, direttore della rivista Lo Straniero per cui Alessandro lavorava - era una persona «cara agli dei», per dirla con gli antichi greci.
Lunedì sera nel foyer dei Cantieri teatrali Koreja, in una Lecce cupa e bagnata, la «veglia» è durata tre ore abbondanti. Tante le voci che si sono alternate a leggere un passo, raccontare un aneddoto, rispondere alle domande dei conduttori Pierpaolo Lala e Giulia Maria Falzea. Ognuno aveva da illuminare una delle varie facce del giornalista, intellettuale e scrittore tarantino che fu (tra le tante cose) una firma davvero preziosa del Corriere del Mezzogiorno, come editorialista, curatore della rubrica «Anni Dieci», giornalista culturale, osservatore dei fatti della sua Taranto e del Sud (è materia raccolta in parte nel suo ultimo libro postumo, l’antologia di articoli Dalle macerie edita da Feltrinelli). E anche Lecce, e i Cantieri Koreja in particolare, hanno condiviso un tratto significativo di strada con lui. Koreja ha prodotto un’opera contemporanea tratta da un suo testo, Il naufragio diventato nella versione teatralmusicale Katër i Radës, con un libretto curato da Leogrande in persona, la musica di Admir Shkurtaj, albanese di Lecce, e la regia di Salvatore Tramacere. Uno splendido lavoro commissionato dalla Biennale di Venezia.
Ma, a giudicare dalle presenze tra il pubblico, attento, appassionato, affettuoso, si direbbe che tutta Lecce gli debba qualcosa. Ci sono il sindaco Carlo Salvemini e le assessore Antonella Agnoli (Comune) e Loredana Capone (Regione), l’editore Piero Manni, il direttore del polo museale Gigi De Luca, il sociologo Stefano Cristante e tanti altri. A Fofi il compito di fare da interlocutore privilegiato dei conduttori e di tutti gli ospiti che si sono alternati al suo fianco sul divano al centro del palcoscenico, come la scrittrice Elisabetta Liguori e i giornalisti Fulvio Colucci e Tiziana Colluto e tanti altri. Fofi ha sottolineato il tratto antico e inattuale di Leogrande, l’approccio analitico e lucido alle cose, la passione e l’energia; «mi chiamano il suo maestro - ha sottolineato - ma i meriti di ciò che ha fatto sono tutti suoi. E’ stato un allievo che ha superaro il maestro; io ho imparato tante cose da lui».
Si è parlato delle sue battaglie dalla parte dei migranti, dalla parte dei braccianti sfruttati dai caporali. Di Taranto e di Albania, della sua passione per il calcio, delle sue battaglie culturali, del suo lavoro giornalistico. E del suo metodo. La più grande lezione che ci ha lasciato, secondo Fofi, è questa: il suo essere osservatore attento e analitico, ma sempre «dentro» le cose. «Come quel quadro che amava tantissimo, il Martirio di San Matteo di Caravaggio, che lui andava spesso a vedere in San Luigi dei Francesi, a Roma: una scena efferata, che Caravaggio ha voluto costruire mettendo anche se stesso dentro il quadro, come osservatore. E così si percepiva Alessandro: come un osservatore dentro la storia».
Profilo
Aveva un tratto antico e inattuale, ma un approccio alle cose lucido, appassionato