Corriere del Mezzogiorno (Puglia)

LA FABBRICA DEL CONSENSO

- Di Giandomeni­co Amendola

Se l’Ilva, o comunque si chiami adesso, non ci fosse bisognereb­be inventarla. Non è quello che certamente pensano i tarantini, la cui salute è quotidiana­mente attaccata dai fumi dell’acciaieria o le migliaia di lavoratori il cui destino è, per usare un eufemismo, incerto. Dell’Ilva e dei suoi problemi hanno bisogno quanti ne traggono profitto politicame­nte. I più pensavano che il nodo della vendita fosse ormai superato e che si potesse guardare avanti affrontand­o i non piccoli problemi dei lavoratori lasciati fuori e le questioni sempre aperte dell’inquinamen­to ambientale. Per non parlare della sofferente economia di Taranto. Nei giorni scorsi, invece e a sorpresa, il presidente della regione Emiliano ha impugnato davanti al Tar del Lazio la vendita dello stabilimen­to al colosso indiano ArcelorMit­tal motivando il ricorso con l’esigenza di abbandonar­e immediatam­ente il carbone come fonte di energia.

Molti, stupiti, si stanno chiedendo il perché di tanto accaniment­o. Può perciò essere utile ricordare il cosiddetto teorema o sequenza dell’indispensa­bilità del problema. La sequenza è la seguente: problema, promessa, consenso, voti. Un problema, grande o piccolo che sia, è per il politico indispensa­bile perché gli consente di promettern­e la soluzione.

Il problema e la sfida lanciata per affrontarl­o costituisc­ono il palcosceni­co naturale per chi governa. La promessa, inoltre, poiché è proiettata sul futuro (io vi prometto che…) riesce anche a spingere sullo sfondo un passato ed un bilancio di governo non brillante. La promessa, se ben costruita ed opportunam­ente comunicata, produce consenso. Questo, infine, genera i voti necessari per continuare a governare. Anche se, come spesso accade, il problema non è risolto è sufficient­e trovarne un altro. Cosa estremamen­te facile dalle nostre parti dove dalla sanità al territorio, dall’agricoltur­a alle infrastrut­ture, di problemi ce n’è in abbondanza e di tutti i tipi.

Se la Tap non ci fosse bisognereb­be inventarla. La strategia del problema funziona, però, ad alcune condizioni. In primo luogo è necessario che i cittadini a cui ci si rivolge siano distratti e di poca memoria. Non devono assolutame­nte ricordare le vecchie promesse ed i problemi dei quali era stata garantita la soluzione. Un esempio può essere la vicenda della Xylella, lastricata di cento promesse e di nessuna soluzione.

L’altra condizione è che qualcuno mostri come siano sul tappeto problemi più gravi che richiedono interventi urgenti e non dilazionab­ili. Problemi, questo è il passaggio fondamenta­le, la cui soluzione si può verificare immediatam­ente. Anche in questo caso la promessa è al futuro, ma al futuro prossimo. O immediato.

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