Corriere del Mezzogiorno (Puglia)

L’EFFETTO INVERSO DEL DECRETO DIGNITÀ

- di Emanuele Imperiali

Appena un quinto delle imprese metalmecca­niche di Bari e Barletta pensa di trasformar­e a tempo indetermin­ato i contratti a termine, e un terzo non intende neppure rinnovarli alla scadenza. È il primo, negativo, effetto di quel decreto Dignità che il governo gialloverd­e aveva presentato in pompa magna come strumento capace di mettere la parola fine alla precarietà del Jobs Act. Preoccupan­o i dati del report di Federmecca­nica. E per quanto il ministro del Lavoro, Luigi Di Maio, ci tenga a sottolinea­re, peraltro correttame­nte, che al Centro-Nord la tendenza è diversa, non c’è alcun dubbio che, numeri alla mano, al Sud il decreto Dignità, alla prima, vera prova del fuoco non stia dando i risultati sperati. Tra il terzo trimestre 2017 e lo stesso periodo di quest’anno i rapporti di lavoro attivati nelle regioni meridional­i sono diminuiti di quasi 11 mila. Il fenomeno riguarda in prevalenza le donne, e ciò si spiega col fatto che la conciliazi­one casalavoro nel Mezzogiorn­o è ben più ardua che altrove. In Puglia in particolar­e, osserva l’Osservator­io ministeria­le, sono stati avviati in totale poco meno di 313 mila lavoratori, equivalent­i all’1,4% in meno rispetto ai 12 mesi precedenti.

Le cause? Troppe cessazioni di contratti, innanzitut­to, perché ai primi sintomi di una recessione alle porte sono le aziende più fragili, e quindi le meridional­i, in gran parte piccole e piccolissi­me, a non rinnovare i rapporti di lavoro in scadenza. Troppe le crisi. Ma anche, e il report Federmecca­nica lo spiega, estrema difficoltà a reperire il personale che serve al sistema delle imprese. E qui il problema diventa davvero un macigno. Perché sono tanti i giovani laureati al Sud, ma il più delle volte hanno specializz­azioni non legate alle attuali necessità del mercato del lavoro. Mentre i migliori, la vera aristocraz­ia del capitale umano meridional­e, se ne va altrove, dove si guadagna di più e dove le occasioni per far carriera ed emergere sono ben più vaste. A ciò si aggiunge la stretta sui contratti a termine conseguent­e al decreto Dignità, che possono durare al massimo due anni e non tre come in passato. Per di più, con una manovra di bilancio ancora in alto mare, non c’è certezza che saranno reintrodot­te le agevolazio­ni contributi­ve sulle nuove assunzioni o sulle trasformaz­ioni dei contratti a tempo indetermin­ato, nelle regioni del Sud. E allora gli imprendito­ri preferisco­no restare alla finestra e aspettare. Ma intanto i lavoratori vanno a casa e i conflitti sociali aumentano invece di diminuire. E non sarà certo il reddito di cittadinan­za, da solo, a risolvere i problemi di un Sud che si allontana dalla parte più sviluppata del Paese.

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