Corriere del Mezzogiorno (Puglia)
Foto del Vaticano nella chat del terrorista
Il somalo fermato a Bari interrogato per due ore. Con sé aveva video e documenti inneggianti alla jihad
Aveva foto, video e documenti riconducibili alla jihad, la guerra santa contro gli infedeli. Ma soprattutto immagini del Vaticano, scaricate da internet e condivise in chat. Emergono particolari inquietanti sull’attività del cittadino somalo, regolarmente residente a Bari, fermato tre giorni fa dalla Digos mentre aveva già preparato la valigia per partire.
Il giovane, un ventenne ufficialmente disoccupato, ha risposto per due ore ieri alle domande del giudice per le indagini preliminari e del pubblico ministero, durante l’udienza di convalida del fermo che si è svolta nel carcere di Bari. La Direzione distrettuale antimafia, competente anche per questo tipo di reati, sospetta possa trattarsi di un possibile terrorista o almeno che sia legato ad una rete potenzialmente in grado di compiere attentati. Quindi, di un elemento pericoloso.
Gli inquirenti infatti stanno indagando anche su altre persone vicine al somalo. I reati contestati sono quelli di associazione con finalità di terrorismo anche internazionale, istigazione a commettere reati di terrorismo e pubblica apologia di reati di terrorismo.
Da quanto emerso il giovane, difeso da un avvocato d’ufficio, si sarebbe difeso negando l’imminente fuga e respingendo le accuse relative alla detenzione di materiale sospetto, soprattutto foto e video, trovato intercettando il suo telefono. Con il supporto di un interprete, il somalo non ha potuto però negare il possesso di quei documenti, tentando di spiegarne il motivo. Il gip del Tribunale di Bari, Maria Teresa Romita, si è riservata di decidere sulla richiesta di convalida del fermo e sulla conseguente richiesta di applicazione della misura cautelare in carcere avanzata dal pm della Dda Giuseppe Maralfa.
A spingere la Digos ad agire è stato l’intensificarsi delle attività in internet da parte del somalo dopo l’attentato al mercatino di Natale di Strasburgo. Proprio in contemporanea con l’innalzarsi del livello di guardia chiesto dal Viminale. Scambi di messaggi sospetti che hanno fatto accelerare l’operazione per evitare che il giovane potesse far perdere le proprie tracce e magari mettere in atto azioni pericolose.
Il telefono del ventenne e i suoi profili social erano tenuti sotto osservazione da tempo, in attesa del momento migliore per intervenire. La sensazione che potesse fuggire ha spinto però a rompere gli indugi. Ed è probabile, a questo punto, che nei prossimi giorni l’inchiesta si allarghi ulteriormente.
Indagini Gli inquirenti alla ricerca di piste per possibili attentati