Corriere del Mezzogiorno (Puglia)
Di piatti e di bicchieri: quando cambia il modo di pensare la tavola
Come si è evoluto il gusto dell’apparecchiare e servire il pasto
Nel medioevo era usanza utilizzare un supporto di pane, una sorta di disco o di ‘pizza’ ante litteram chiamata mensa, per poggiarci la propria porzione dopo averla prelevata dal piatto posto al centro. Per esempio si utilizzava per poggiare e tagliare la carne. Dividere la stessa mensa stava quindi a significare che si condivideva lo stesso ‘piatto’. Alla fine del 1400, in Italia, cominciò a diffondersi la pratica dell’uso del piatto individuale, del bicchiere e della forchetta, complicando non poco il lavoro di servi e personale di casa. Anche la nobiltà dovette adeguare i propri comportamenti, apprendendo il corretto utilizzo di stoviglie e posate che nel ‘600 e ‘700 divennero più specifiche per salse, minestre, pesce, carne, brodo, pane, uova, etc. Da pochi e semplici contenitori, il distacco tra le classi alte e quelle più in basso cominciò a misurarsi anche con un certo protocollo a tavola e con la conoscenza del giusto utilizzo di strumenti dalle forme anche bizzarre. I maestri ceramisti ovviamente incentivarono questa tendenza, come mostrano anche i dipinti dell’epoca, realizzando accorgimenti tecnologicamente avanzati, che potessero rispondere meglio all’esigenza, vetrificando la terracotta, smaltandola e ovviamente decorandola. Nel cinquecento i ceramisti genovesi e veneziani decoravano con motivi bianchi e blu ispirati all’arte cinese, riscuotendo un discreto successo. Finalmente anche bevande e liquidi come le salse poterono trovare un degno alloggiamento: i vetrai liguri si specializzarono realizzando coppe e bicchieri anche su commissione direttamente presso la nobiltà francese con grandi introiti in termini economici e di prestigio sociale, tanto da ricavarne persino dei titoli nobiliari.
LA NOBILTÀ A TAVOLA COMINCIÒ A MISURARSI ANCHE DALLE SUPPELLETTILI