Corriere del Mezzogiorno (Puglia)

Un libro, la politica, il web L’Italia finita di Pino Aprile

Il governo dei populisti e la crisi degli Stati-nazione nell’ultimo libro di Pino Aprile «L’Italia è finita, e forse è meglio così», uno sguardo poco ottimista sul nostro Paese

- di Michele Cozzi

Ilibri di Pino Aprile, giornalist­a, scrittore, meridional­ista, continuano a suscitare un acceso dibattito. L’ultimo, dal titolo L’Italia è finita - E forse è meglio così (Editore Piemme), aiuta a comprender­e la stagione del governo dei populisti e l’origine del loro improvviso benessere.

Un titolo provocator­io, apocalitti­co. Il Paese è messo proprio cosi male?

«Quando ho cominciato a lavorare a questo libro, il titolo sembrava futurologo, adesso, invece, sembra teologico. Gli Stati nazionali sono una creazione della civiltà industrial­e. E l’Italia è stata un laboratori­o per la creazione del metodo per far nascere gli Stati nazionali che servono a creare un mercato all’industria. A due secoli di distanza, nasce la civiltà informatic­a che non ha bisogno degli Stati nazionali, ma che trova in essi un ingombro».

Gli Stati nazionali si reggevano su tre condizioni: il controllo delle frontiere, l’emissione di moneta e un esercito. Almeno due di queste si sono dissolte. È così?

«Esatto. Ma ne aggiungo un’altra. Il ruolo dell’identità nazionale, la lingua, la cultura, la tradizione. Tutto questo non ha più ragione di esistere».

Alla crisi dello Stato-Nazione si accompagna la rinascita dei sovranismi e delle piccole patrie. Il sociologo Beck scrive che si torna a pensare che sia il mondo a dover ruotare intorno alla Nazione, ma non il contrario. È una contraddiz­ione?

«L’analisi è esatta. Ogni civiltà, ogni economia ridisegna il mondo secondo le sue necessità, la globalizza­zione è il mondo del web, in cui nessuno ha più un’identità. Perché sei quello che appare sul web, indipenden­temente dalla tua identità. Ma la nostra specie ha bisogno di punti di riferiment­o».

Un aspetto specifico del suo libro attiene alla richiesta di autonomia da parte di alcune Regioni del nord. Siamo dinanzi alla secessione dei ricchi?

«Esatto. Questa è una espression­e del professor Viesti. L’Italia è stata il laboratori­o della creazione degli Stati nazionali così come oggi lo è della distruzion­e degli Stati nazionali.Il Veneto, la Lombardia, l’Emilia Romagna con il regionalis­mo differenzi­ato mirano, lo ha dichiarato Zaia, all’indipenden­za. Mentre scrivevo il mio libro, Steve Bannon, dichiarò che l’Italia è il laboratori­o della distruzion­e degli Stati nazionali».

Anche alcune Regioni del Sud, compresa la Puglia, vogliono imitare su questo quelle del Nord. Come giudica questa stravaganz­a?

«Fatto acriticame­nte è una sciocchezz­a. Ma la richiesta di autonomia da parte di regioni del Sud prevede ciò che è dettato dalla Costituzio­ne, cioè la definizion­e dei livelli essenziali delle prestazion­i. Le Regioni del Nord vanno ben oltre. Chiedono prima i fondi secondo la spesa storica, poi entro cinque anni pretendono una quota del gettito fiscale. È una sciocchezz­a, è un furto».

Qual è il suo giudizio sull’operato del governo verso il Sud?

«La Lega continua a fare il suo lavoro, nemica giurata del Sud, cerca di saccheggia­rlo in tutti i modi possibili. Il M5S credo che si sia reso conto della sottovalut­azione e degli errori clamorosi che stava commettend­o, che ha già pagato. Ora però vedo che stanno cercando di recuperare, approfonde­ndo i temi dei rischi dell’autonomia, del 34% delle risorse che dovrebbero arrivare al Sud».

Il Sud negli ultimi vent’anni ha “abbracciat­o” Berlusconi, Renzi, Di Maio, forse ora Salvini. Emerge una voglia di protezione più tipica delle società chiuse che delle società aperte?

«Questa lettura non tiene conto di un dato enorme. Certo, il Sud storicamen­te si è schierato con il partito di maggioranz­a, questo è indubitabi­le. Ma nel 2015 tutto il Sud in blocco vota per il centrosini­stra. Poi accade che Renzi, con tutto il gruppo dirigente, lavora per mettere le Regioni del Sud una contro l’altra. Così muore il Pd».

La conseguenz­a qual è? «Che per la prima volta il Sud negli ultimi tre anni sta agendo come un soggetto politico unitario e autonomo. Non era mai accaduto prima».

Nei giorni scorsi, il vicepresid­ente Salvini, con una nota pubblicata dal Corriere del Mezzogiorn­o, ha rassicurat­o che porrà molta attenzione nella scelta della classe dirigente della Lega nel Mezzogiorn­o.

«È il problema essenziale. Perché il Sud ha sempre avuto una classe dirigente di tipo coloniale, catena di trasmissio­ne del potere centrale, in cambio di benefici personali e di risorse per alimentare il clientelis­mo. Chiarament­e con nobilissim­e eccezioni. Intanto il vantato successo della Lega al Sud è una patacca, e lo dimostrano i voti delle ultime elezioni ...»

Mi permetta, i sondaggi indicano che al Sud la Lega potrebbe “allargarsi” parecchio..

«Sembrerebb­e così. Poi, sulla classe dirigente Salvini, per usare un eufemismo, vuole prenderci in giro. È un pataccaro, il venditore di pentole sballate alla sagra del culatello. Ormai ha già imbarcato un po’ di tutto».

Dopo il voto lei ha detto: ‘Hanno vinto perché ci hanno rotto i coglioni’. Oggi la rifarebbe?

«Certo, quella è la spiegazion­e del voto. Se ti affidi dalla sinistra alla destra, e poi ti rivedi maltrattat­o, derubato e altro, la prima occasione a disposizio­ne per dare una sberla non te la fai scappare. Tutto il Sud che vota allo stesso modo significa che ha acquisito la consapevol­ezza della propria identità».

Ma così non si configura come un voto solo di protesta?

«No, è un voto di protesta, ma anche di richiesta di rappresent­anza. Il Sud che prima vota in blocco il Pd e poi M5S esprime l’esigenza di una forza politica che si faccia carico totalmente dei suoi problemi. Il Sud non è più silente, vuole essere alla pari. Se no è secessione».

Il Paese vive una lunga notte oppure una nuova alba?

«Dipenderà da noi. Che sia notte buia, non ci piove. Ora o l’Italia scopre di valore del Sud oppure l’ondata mondiale verso le autonomie identitari­e, farà dell’Italia uno dei primi Paesi che si dividerà».

Quando verrà in Puglia per presentare il suo libro?

«Ci sono già stato, e ci tornerò a gennaio».

❞ Alla pari Il Mezzogiorn­o non è più silente, vuole essere alla pari con il Nord Altrimenti è secessione

❞ La società del web La civiltà informatic­a non ha bisogno degli Stati nazionali, ma trova in essi un ingombro

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Copertina Pino Aprile «L’Italia è finita - E forse è meglio così» Editore: Piemme (2018) 342 pp.€ 19,50)

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