Corriere del Mezzogiorno (Puglia)
Un libro, la politica, il web L’Italia finita di Pino Aprile
Il governo dei populisti e la crisi degli Stati-nazione nell’ultimo libro di Pino Aprile «L’Italia è finita, e forse è meglio così», uno sguardo poco ottimista sul nostro Paese
Ilibri di Pino Aprile, giornalista, scrittore, meridionalista, continuano a suscitare un acceso dibattito. L’ultimo, dal titolo L’Italia è finita - E forse è meglio così (Editore Piemme), aiuta a comprendere la stagione del governo dei populisti e l’origine del loro improvviso benessere.
Un titolo provocatorio, apocalittico. Il Paese è messo proprio cosi male?
«Quando ho cominciato a lavorare a questo libro, il titolo sembrava futurologo, adesso, invece, sembra teologico. Gli Stati nazionali sono una creazione della civiltà industriale. E l’Italia è stata un laboratorio per la creazione del metodo per far nascere gli Stati nazionali che servono a creare un mercato all’industria. A due secoli di distanza, nasce la civiltà informatica che non ha bisogno degli Stati nazionali, ma che trova in essi un ingombro».
Gli Stati nazionali si reggevano su tre condizioni: il controllo delle frontiere, l’emissione di moneta e un esercito. Almeno due di queste si sono dissolte. È così?
«Esatto. Ma ne aggiungo un’altra. Il ruolo dell’identità nazionale, la lingua, la cultura, la tradizione. Tutto questo non ha più ragione di esistere».
Alla crisi dello Stato-Nazione si accompagna la rinascita dei sovranismi e delle piccole patrie. Il sociologo Beck scrive che si torna a pensare che sia il mondo a dover ruotare intorno alla Nazione, ma non il contrario. È una contraddizione?
«L’analisi è esatta. Ogni civiltà, ogni economia ridisegna il mondo secondo le sue necessità, la globalizzazione è il mondo del web, in cui nessuno ha più un’identità. Perché sei quello che appare sul web, indipendentemente dalla tua identità. Ma la nostra specie ha bisogno di punti di riferimento».
Un aspetto specifico del suo libro attiene alla richiesta di autonomia da parte di alcune Regioni del nord. Siamo dinanzi alla secessione dei ricchi?
«Esatto. Questa è una espressione del professor Viesti. L’Italia è stata il laboratorio della creazione degli Stati nazionali così come oggi lo è della distruzione degli Stati nazionali.Il Veneto, la Lombardia, l’Emilia Romagna con il regionalismo differenziato mirano, lo ha dichiarato Zaia, all’indipendenza. Mentre scrivevo il mio libro, Steve Bannon, dichiarò che l’Italia è il laboratorio della distruzione degli Stati nazionali».
Anche alcune Regioni del Sud, compresa la Puglia, vogliono imitare su questo quelle del Nord. Come giudica questa stravaganza?
«Fatto acriticamente è una sciocchezza. Ma la richiesta di autonomia da parte di regioni del Sud prevede ciò che è dettato dalla Costituzione, cioè la definizione dei livelli essenziali delle prestazioni. Le Regioni del Nord vanno ben oltre. Chiedono prima i fondi secondo la spesa storica, poi entro cinque anni pretendono una quota del gettito fiscale. È una sciocchezza, è un furto».
Qual è il suo giudizio sull’operato del governo verso il Sud?
«La Lega continua a fare il suo lavoro, nemica giurata del Sud, cerca di saccheggiarlo in tutti i modi possibili. Il M5S credo che si sia reso conto della sottovalutazione e degli errori clamorosi che stava commettendo, che ha già pagato. Ora però vedo che stanno cercando di recuperare, approfondendo i temi dei rischi dell’autonomia, del 34% delle risorse che dovrebbero arrivare al Sud».
Il Sud negli ultimi vent’anni ha “abbracciato” Berlusconi, Renzi, Di Maio, forse ora Salvini. Emerge una voglia di protezione più tipica delle società chiuse che delle società aperte?
«Questa lettura non tiene conto di un dato enorme. Certo, il Sud storicamente si è schierato con il partito di maggioranza, questo è indubitabile. Ma nel 2015 tutto il Sud in blocco vota per il centrosinistra. Poi accade che Renzi, con tutto il gruppo dirigente, lavora per mettere le Regioni del Sud una contro l’altra. Così muore il Pd».
La conseguenza qual è? «Che per la prima volta il Sud negli ultimi tre anni sta agendo come un soggetto politico unitario e autonomo. Non era mai accaduto prima».
Nei giorni scorsi, il vicepresidente Salvini, con una nota pubblicata dal Corriere del Mezzogiorno, ha rassicurato che porrà molta attenzione nella scelta della classe dirigente della Lega nel Mezzogiorno.
«È il problema essenziale. Perché il Sud ha sempre avuto una classe dirigente di tipo coloniale, catena di trasmissione del potere centrale, in cambio di benefici personali e di risorse per alimentare il clientelismo. Chiaramente con nobilissime eccezioni. Intanto il vantato successo della Lega al Sud è una patacca, e lo dimostrano i voti delle ultime elezioni ...»
Mi permetta, i sondaggi indicano che al Sud la Lega potrebbe “allargarsi” parecchio..
«Sembrerebbe così. Poi, sulla classe dirigente Salvini, per usare un eufemismo, vuole prenderci in giro. È un pataccaro, il venditore di pentole sballate alla sagra del culatello. Ormai ha già imbarcato un po’ di tutto».
Dopo il voto lei ha detto: ‘Hanno vinto perché ci hanno rotto i coglioni’. Oggi la rifarebbe?
«Certo, quella è la spiegazione del voto. Se ti affidi dalla sinistra alla destra, e poi ti rivedi maltrattato, derubato e altro, la prima occasione a disposizione per dare una sberla non te la fai scappare. Tutto il Sud che vota allo stesso modo significa che ha acquisito la consapevolezza della propria identità».
Ma così non si configura come un voto solo di protesta?
«No, è un voto di protesta, ma anche di richiesta di rappresentanza. Il Sud che prima vota in blocco il Pd e poi M5S esprime l’esigenza di una forza politica che si faccia carico totalmente dei suoi problemi. Il Sud non è più silente, vuole essere alla pari. Se no è secessione».
Il Paese vive una lunga notte oppure una nuova alba?
«Dipenderà da noi. Che sia notte buia, non ci piove. Ora o l’Italia scopre di valore del Sud oppure l’ondata mondiale verso le autonomie identitarie, farà dell’Italia uno dei primi Paesi che si dividerà».
Quando verrà in Puglia per presentare il suo libro?
«Ci sono già stato, e ci tornerò a gennaio».
❞ Alla pari Il Mezzogiorno non è più silente, vuole essere alla pari con il Nord Altrimenti è secessione
❞ La società del web La civiltà informatica non ha bisogno degli Stati nazionali, ma trova in essi un ingombro