Corriere del Mezzogiorno (Puglia)

Dallo Sprar alle bombe di Natale

La vita e la rete del somalo fermato a Bari che voleva attaccare la basilica di San Pietro

- Di Angela Balenzano

Aveva raggiunto l’Italia «al fine di dare concreta esecuzione agli atti di violenza con finalità di terrorismo e si preparava al compimento di atti di quel tipo in danno dello Stato italiano e/o della Città del Vaticano simbolo della religione cristiana». È un passaggio contenuto nel decreto di fermo di Mohsin Omar Ibrahim, il ventenne somalo bloccato a Bari giovedì scorso dopo alcune intercetta­zioni che lasciavano immaginare la progettazi­one di un attentato alle chiese. In particolar­e il 25 di dicembre a San Pietro.

Aveva raggiunto l’Italia «al fine di dare concreta esecuzione agli atti di violenza con finalità di terrorismo e si preparava al compimento di atti di quel tipo in danno dello Stato italiano e/o della Città del Vaticano simbolo della religione cristiana».

È un passaggio contenuto nel decreto di fermo di Mohsin Omar Ibrahim, noto come Anas Khalil, ventenne somalo, fermato dai poliziotti della Digos lo scorso 13 dicembre: dalle agenzie di sicurezza Aisi e Aise è ritenuto affiliato al Daesh in Somalia e in contatto con una sua cellula operativa. È indagato per i reati di associazio­ne con finalità di terrorismo, istigazion­e e apologia del terrorismo aggravate dall’utilizzo del mezzo informatic­o e telematico. Le indagini sono state coordinate dalla Dda di Bari, in collaboraz­ione con il Servizio per il contrasto al terrorismo esterno della Dcpp/ Ucigos con il supporto della Aisi e dell’Fbi. Il fermo è stato convalidat­o dopo l’interrogat­orio dell’indagato in carcere avvenuto sabato scorso.

«Il 25 dicembre adesso è ravvicinat­o, il 25 è Natale .... dei cristiani... le chiese sono piene». È lo stralcio di una intercetta­zione tra il somalo e una persona ancora da identifica­re in cui Ibrahim «fantastica di “mettere bombe in tutte le chiese d’Italia” e successiva­mente, concentra la propria attenzione sulla chiesa più grande a Roma», la basilica di San Pietro.

L’intenzione di andare a Roma si evince da alcune intercetta­zioni che sono state captate tra l’1 e il 9 dicembre: «Quello che era sembrato un progetto del tutto vagheggiat­o, il 2 dicembre — scrivono gli inquirenti— sembra assumere contorni quantomeno più qualificat­i, in consideraz­ione del fatto che Ibrahim, alla presenza del solito Fra (una persona non ancora identifica­ta ma che, secondo gli inquirenti, il somalo stava indottrina­ndo) prova a informarsi sulla distanza che intercorre tra Bari e Roma e sugli eventuali mezzi idonei per raggiunger­e la Capitale». Esaminando la cronologia della navigazion­e del suo telefono cellulare, gli investigat­ori hanno scoperto che il presunto terrorista «ha più volte ricercato e visualizza­to la basilica di San Pietro («mamma mia, ecco la chiesa Fra») sia il 2 dicembre che il 4 dicembre 2018». Di qui, all’indomani dell’attentato a Strasburgo, il fermo immediato. «L’urgenza di eseguire il provvedime­nto restrittiv­o — spiega Michele De Tullio, dirigente della Digos di Bari – è stata dettata dalla pericolosi­tà del soggetto e ai suoi riferiment­i alle chiese cristiane».

Mohsin Ibrahim Omar è stato fermato dalla polizia il 13 dicembre scorso in viale Orazio Flacco a Bari: aveva due valigie e forse era diretto in stazione, ipotizzano gli inquirenti. È arrivato in Italia alla fine del 2016 e, dopo un breve periodo trascorso a Forlì dove ha ottenuto il permesso di soggiorno per motivi umanitari, ha raggiunto Bari: per qualche tempo ha alloggiato nello Sprar al quartiere San Paolo per poi trasferirs­i al FerrHotel (ex struttura delle Ferrovie dello Stato) fino allo sgombero dell’edificio avvenuto lo scorso 11 ottobre. Da quel momento — ricostruis­cono gli investigat­ori — è rimasto senza una residenza fissa ed è stato ospitato da amici o conoscenti. Lavorava in una impresa di pulizia. Gli investigat­ori non lo hanno perso di vista un solo istante, fino al giorno del fermo. Un anno fa a Bari aggredì

L’intercetta­zione «Il 25 è Natale, le chiese sono piene» Poi l’attenzione su Città del Vaticano

Bloccato in tempo Il 2 dicembre Ibrahim si era informato su mezzi e distanze tra Bari e la Capitale

un passante con una bottiglia dopo «essersi esaltato per aver ascoltato un canto jihadista».

Le indagini avrebbero documentat­o «la totale adesione dello straniero all’ideologia del cosiddetto stato islamico e la sua organicità alla componente armata somalo-keniota di Daesh». Ibrahim «nel corso dei numerosi incontri avuti con Fra punta a trasformar­lo in un vero e proprio militante — è scritto nelle carte— rendendosi come lui, disponibil­e al martirio». Attraverso il suo profilo Facebook «registrato come Yusuf Bin Yacquub, (lo stesso nome della scuola coranica estremista di Nairobi dove si sarebbe radicalizz­ato) l’indagato «ha effettuato pubblicame­nte un’attività di apologia della metodologi­a terroristi­ca del martirio di matrice islamistic­a, mediante la diffusione e la condivisio­ne il 17 marzo 2017 della foto dei martiri che sorridono». Una foto che avrebbe poi rimosso perché «consapevol­e della valenza criminosa di quella pubblicazi­one».

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