Corriere del Mezzogiorno (Puglia)
I boss tecnologici Dal carcere ordini con i mini telefoni
Sono piccolissimi ed entrano in cella trasportati dai parenti o dai droni
Allarme nelle carceri pugliesi. I detenuti comunicano con il mondo esterno con micro telefonini lunghi 7 centimetri di fabbricazione cinese. Costano 15 euro. Due sequestri nel carcere di Bari, ma anche a Lecce e Taranto.
Telefonini di appena sette centimetri utilizzati per dare ordini o pianificare crimini. Per i detenuti pugliesi è finito il tempo dei «pizzini» o di altri mezzi di fortuna per comunicare con il mondo esterno. Lo fanno ora con piccoli telefoni cellulari che riescono agevolmente a nascondere nelle loro celle. Si tratta di mini apparecchi di fabbricazione cinese che non costano più di 15 euro. È così che i boss (e non solo) sono diventati tecnologici e, pur stando dietro le sbarre, continuano a impartire le direttive ai gregari delle cosche che rappresentano. Un paio di settimane fa (ma la notizia è trapelata solo nei giorni scorsi) nel carcere di Bari e più precisamente all’interno della seconda sezione, sono stati trovati e sequestrati due telefonini «di piccole dimensioni con relativi caricatori».È di ieri invece il sequestro di un altro mini apparecchio nel carcere di Taranto.
I parenti, i lanci dall’esterno o i droni sono i «corrieri» di quasi tutto ciò che entra nelle celle dei detenuti. La conferma arriva dal Sappe (Sindacato autonomo di polizia penitenziaria) che, ancora una volta, lancia l’allarme. «La situazione peggiora sempre a causa della gravissima carenza di organico. Così i controlli non possono essere efficienti, minuziosi e meticolosi — spiega Federico Pilagatti, segretario nazionale del Sappe — è una situazione insostenibile che vede i poliziotti lavorare in una situazione infernale». Anche i detenuti della Scu, allo stesso modo, comunicano all’esterno con famiglie e sodali.
L’allarme sui telefoni «miniaturizzati» è stato anche lanciato dal procuratore generale della corte di appello di Lecce, Antonio Maruccia, in occasione dell’inaugurazione dell’anno giudiziario a Lecce. Esaminando i numeri sulla criminalità organizzata e la necessità di «recidere i legami tra detenuti e l’esterno del carcere, il procuratore ha parlato dei mini telefoni che vengono introdotti in carcere e che «permettono una comunicazione illimitata con l’esterno e appaiono difficilmente individuabili anche nel corso dei controlli ordinari all’interno delle celle». La necessità di potenziare i controlli nelle carceri pugliesi si scontra però con i disagi degli agenti di polizia penitenziaria. «I delinquenti hanno mezzi, risorse e tecnologia — spiega ancora Pilagatti — noi abbiamo la nostra dignità, volontà e professionalità. E se le carceri pugliesi non sono ancora scoppiate lo si deve al coraggio di questi uomini (gli agenti di polizia penitenziaria, ndr). Il 5 novembre scorso abbiamo manifestato davanti al carcere di Bari e Francesco Basentini (capo del Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria, ndr) aveva promesso di mandare a Bari uomini e mezzi e di svuotare un po’ le carceri pugliesi che sono le più affollate d’Italia. Sono passati tre mesi — conclude Pilagatti — e di quelle promesse non c’è nemmeno l’ombra».
Il lancio delle sostanze stupefacenti (dall’esterno verso le celle della prima sezione nonostante la recinzione sia stata alzata) è un’altra emergenza barese. L’aspetto positivo — secondo i numeri forniti dal Sappe— è che solo il 20 per cento dei lanci «fa centro». Il resto delle dosi vengono solitamente ritrovate nei parcheggi.
Il segnale
L’allarme lanciato dal procuratore della corte di appello di Lecce, Antonio Maruccia