Corriere del Mezzogiorno (Puglia)
Abeliano, Vetrano e Randisi in un grande Riccardo terzo
All’Abeliano con «Riccardo3»: Shakespeare riscritto da Francesco Niccolini
Tornano, dopo anni di assenza dai nostri palcoscenici, Enzo Vetrano e Stefano Randisi impegnati in Riccardo3, per la stagione del Comune di Bari al teatro Abeliano. Due artisti molto amati da un pubblico che, anche in questa occasione, li ha salutati tributando grande successo allo spettacolo, ancora in replica stasera alle 21 e domani alle 18.
Riccardo Terzo è una delle tragedie shakespeariane di più difficile rappresentazione, in quanto poggia la sua forza sull’ininterrotta successione di crimini perpetrati dal monarca per usurpare il potere. Un campionario di atrocità che la riscrittura potente di Francesco Niccolini, rivolta a soli tre interpreti, sembra ansimi cor più condensare, scarnificando il testo mentre crea una cornice metateatrale – l’azione si svolge in una clinica per malati di mente – che si dimostra funzionale alla messa in scena. Il progetto di Niccolini marcia in assoluta simbiosi con il lavoro di Vetrano e Randisi, qui con Giovanni Moschella, impegnati in un’altra loro «riflessione» sul lavoro dell’attore.
Pirandelliani sino in fondo, ingaggiano, con questo Riccardo3, il più ambizioso e straordinario corpo a corpo con i personaggi della loro ormai lunga carriera. Tre attori in scena dunque, che si dividono tutti i ruoli lasciando ad un superbo Vetrano l’unicità della figura protagonista che funge da cardine per i bravis- suoi compagni, che a essa legano le altre presenze. Per buona parte della messa in scena avanzano all’unisono, facendo plasmare i loro caratteri dalla forza delle parole, poi, arrivato Riccardo a conquistare la corona, ecco che Vetrano cambia registro sfoderando una violenta fisicità.
E’ il segnale agli altri di farsi fantasmi, di farsi finalmente «ombre» poiché il tema dell’ombra vera sembianza del corpo qui ricorre in modo ossessivo. Infine, il monarca muore, o si addormenta nel silenzio disadorno della stanza. Shakespeare asseriva che siamo fatti della stessa sostanza di cui sono fatti i sogni. Vetrano e Randisi ci dimostrano che è un privilegio accordato solo a chi - con intelligenza, sensibilità e fatica - sa dedicarsi all’arte della scena.