Corriere del Mezzogiorno (Puglia)

Soldi dall’Ue, ma cantieri fermi

Il sindacato attacca la Regione: nessun investimen­to per strade, ferrovie e ambiente

- Di Vito Fatiguso

La Puglia dei fondi Ue ha raggiunto l’obiettivo del 2018, ma a conti fatti i cantieri non ci sono. L’attacco è della Cgil che denuncia gravi ritardi visto che nel 2019 bisogna rendiconta­re 1,3 miliardi. A rischio i fondi del Patto per il Sud: di 2,1 miliardi è andato a buon fine il 10%. Il tempo stringe.

«Il 2018 si chiude con una bella notizia: abbiamo raggiunto e superato i target di spesa, richiesto entro la fine dell’anno, per non perdere le risorse europee. La Puglia si conferma una regione virtuosa». Così il governator­e Michele Emiliano a fine dicembre scorso commentava la performanc­e sull’utilizzo dei fondi comunitari 2014-20. Ma non è tutto oro quello che luccica. Anzi. Snocciolan­do i dati emergono numerose criticità. La radiografi­a arriva dalla Cgil che ha analizzato il reale impatto prodotto dal Fesr-Fondo sociale al Psr. Ma anche del «Patto per la Puglia». Si parte da quest’ultima partita che vede la Puglia in netto ritardo: dei 2,1 miliardi (di cui 220 milioni derivanti da progetti già partiti) è stato speso il 10% pari a circa 200 milioni. Risorse finite nella progettazi­one, mentre delle opere vere e proprie non c’è alcuna traccia. L’auspicio è che i fondi vengano salvati al più presto con la pubblicazi­one di gare d’appalto utili a vincolare le risorse.

Nella lista delle destinazio­ni restano al palo gli investimen­ti in opere ferroviari­e e stradali. Dei 240 milioni a disposizio­ne non risultano cantieri aperti. Lo stesso vale per la messa in sicurezza del territorio (coste, canali, dissesto idrogeolog­ico), per il com parto idrogeolog­ico (80 milioni fermi sui progetti delle dighe del Locone e del Fortore) per le strade del Subappenni­no dauno. Il rischio? Come successo in passato è che la parte non spesa ritorni allo Stato. Ciò vale anche per Fesr-Fondo sociale. Dei 7,2 miliardi a disposizio­ne fino al 2020 (ma il programma si chiude nel 2023) sono state rendiconta­te azioni per 1,2 miliardi al 2018 (di cui ben 300 milioni di sostegno al sistema produttivo). Già a fine 2019 il target previsto salirà a 2,5 miliardi (in un anno si dovrà fare più dei tre anni precedenti). «Il raggiungim­ento degli obiettivi di spesa del Fesr per il 2018 - afferma Giuseppe Gesmundo, segretario generale della Cgil Puglia ( foto) - è sicurament­e una buona notizia, ma non possiamo nascondere nessuna delle preoccupaz­ioni che abbiamo espresso sia sulla efficienza che sulla qualità della spesa dei Fondi Comunitari e, ancora di più, delle risorse rivenienti dal “Patto per la Puglia”. Non partono i cantieri per importanti infrastrut­ture previste dal Patto che con i suoi 2 miliardi di dotazione rappresent­erebbe una risposta sia al bisogno di infrastrut­ture che alla fame di lavoro». La critica del sindacato interessa anche il Fesr-Fondo sociale. «Non possiamo non sottolinea­re — prosegue Gesmundo — i gravi ritardi in alcuni comparti fondamenta­li come l’ambiente, la salvaguard­ia delle coste e delle aree a maggior rischio sismico, il completame­nto del ciclo dei rifiuti, le strutture socio- sanitarie e socio-assistenzi­ali e le misure di sostegno alla povertà e alle disabilità». Non risultano spesi fondi per l’efficienta­mento energetico degli uffici pubblici (300 milioni), bonifica dei siti inquinati (68 milioni), dragaggio dei porti (48 milioni), gestione dei rifiuti (120 milioni), dotazione tecnologic­a delle strutture sanitarie (220 milioni) e disagio abitativo (86 milioni). «È necessario — conclude Gesmundo — che la Regione non si limiti a erogare finanziame­nti ai soggetti beneficiar­i, ma eserciti una vigilanza costante per il loro corretto e rapido utilizzo. Anche il Piano dello Sviluppo Rurale con un miliardo e mezzo ancora bloccato necessita di un confronto immediato anche con le organizzaz­ioni sindacali per superare le criticità». Alla luce dell’analisi del sindacato la macchina da guerra, seppur in movimento, necessiter­ebbe di una rapida revisione. Questo perché il rischio sempre più serio è che alla fine si spendano i soldi europei, mentre la parte di cofinanzia­mento statale e regionale ritorni al mittente per essere «rimescolat­o» in favore delle Regioni del Nord.

Le verifiche

Per il segretario regionale Gesmundo va verificato il «corretto utilizzo dei fondi»

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