Corriere del Mezzogiorno (Puglia)
Innanzitutto, il progetto
L’integrazione di carcerati e immigrati alla base dell’ottimo lavoro di Articolo 21
Al di là di tutto c’è il progetto. Un progetto serio, nobile e intelligente. Uno di quei progetti che ci fanno guardare il mondo con occhio diverso e ci convincono che sia ancora possibile ricevere buone notizie. Stiamo parlando di un’iniziativa concepita da don Franco Mitidieri e realizzata da Antonio Erbante e Lucia Scialpi, tramite l’associazione di volontariato Noi e Voi: usare la gastronomia e l’attività di ristorazione come strumenti adatti a promuovere l’integrazione. Nasce così il ristorante Articolo 21, situato in una zona magari non bellissima di Taranto, tuttavia vicina al porto e affacciata sul mare.
Il responsabile dei fornelli da qualche tempo è Gabriele Falerio (foto 2), che coordina un meritevole lavoro di squadra e coinvolge immigrati e detenuti per favorirne l’inserimento nella specifica realtà professionale. E la cucina è semplice, vera e naturale, volutamente priva di artifici e tecnicismi, genuina come l’operazione complessiva. Nell’ampia sala da pranzo (foto 1), tra immagini del borgo antico e fotografie scattate in disagiate zone del pianeta, l’esordio è affidato alla fresca proposta dei numerosi antipasti. Si va dalle alici marinate, al salmone affumicato; dal carpaccio di pesce spada con cicorie, agrumi e mango, alla classica insalata di mare con verdure di stagione; dal farro con polpo, pinoli e olive taggiasche, fino a un assaggio davvero squisito di baccalà fritto. La tendenza alla classicità trova conferma in tutte le altre portate, con qualche piccola variante che valorizza comunque le materie prime del territorio, e così la corretta esecuzione dei cicarielli (pasta fatta in casa) con vongole, cozze, mazzancolle e peperoni ( foto 3), si alterna alla soluzione degli strascinati integrali con cozze, peperoni e basilico. Oppure delle orecchiette di grano arso con pesto di zucchine e capocollo, che rappresentano un omaggio alla città natale dello chef, Martina Franca.
Tra i secondi abbiamo assaggiato una fragrante frittura mista di pesce, che varia con il variare della disponibilità del pescato. Il criterio della solidarietà ispira anche le selezioni successive. Se il vino impropriamente definito della casa proviene da terre confiscate alla mafia siciliana, l’ottimo caffè finale è prodotto nella casa circondariale di Pozzuoli. Per mangiare si spendono circa 25 euro.