Corriere del Mezzogiorno (Puglia)

COSÌ LA MUSICA È CAMBIATA

- Di Fabrizio Versienti

Diodato, Alessandra Amoroso, Michele Riondino, Pio & Amedeo, Bungaro, Alessandro Quarta, oltre naturalmen­te ai Boomdabash (gli unici in gara), per tacere di chi come Ermal Meta a Bari ci è arrivato bambino dall’Albania e ci è cresciuto, diventando­ci italiano e musicista; e di chi invece, come il siciliano Roy Paci, a un certo punto della sua vita ha scelto il Salento come terra in cui vivere e fare musica. La lista dei pugliesi a Sanremo (e ci scusiamo per le inevitabil­i, involontar­ie omissioni) è come ogni anno nutrita, a patto di non fermarsi all’elenco ufficiale dei partecipan­ti al festival. La Puglia a Sanremo è ovunque, la vedi passare sul palcosceni­co dell’Ariston e non ci fai più caso. Perché quello che fino a non molti anni fa era un fatto abbastanza eccezional­e e come tale meritevole di attenzione è diventato normale, scontato. Quella specie di mutazione genetica che nel nuovo secolo ha fatto dei pugliesi un popolo di scrittori, pop star, comici, attori e registi, produce ancora frutti abbondanti. La normalità della Puglia oggi è questa: da regione un tempo periferica e fuori dalla luce dei riflettori, attraverso fenomeni di costume (dal boom della taranta all’elezione di Vendola, un governator­e gay e comunista nel Sud Italia, come se fossimo a Berlino) e trasformaz­ioni politicame­nte guidate (gli investimen­ti nell’immaterial­e e nella cultura di Vendola, ancora lui, oggi proseguiti da Emiliano) è entrata a vele spiegate nell’immaginari­o nazionale e non solo, trasforman­dosi a sua volta in produttric­e d’immaginari­o e rappresent­ante di un «modello» tanto felice quanto, forse, illusorio. Perché pur sempre dotato di un rovescio pesante fatto di disoccupaz­ione, morti sul lavoro, povertà, schiavitù nelle campagne, criminalit­à, inquinamen­to ambientale (caso Taranto, per tacere di Brindisi). Ma talmente scintillan­te da rendere luoghi e paesaggi, la dolce vita del cibo e del vino e il richiamo della cultura qualcosa capace di attirare l’attenzione di turisti del mondo ricco, giapponesi, americani, europei d’ogni latitudine. Per il New York Times siamo, oggi più che mai, una meta turistica privilegia­ta. In piena bagarre mediatica sugli incidenti politici tra Roma e Parigi, un giornalist­a di Le Monde può scrivere tranquilla­mente «tanto noi continuere­mo a mangiare burrate (a Parigi il must degli ultimi anni, ndr.) e ad affittare case per le vacanze in Puglia», e un musicista americano tra i più intelligen­ti e indipenden­ti del mondo come Zach Condon, in arte Beirut, può intitolare il suo ultimo album Gallipoli. E intende proprio il Salento, non la Turchia come un film omonimo del 1981, un’altra epoca. Prima della «grande trasformaz­ione».

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