Corriere del Mezzogiorno (Puglia)
Lo stop all’autonomia costa al governatore una pioggia di critiche
La decisione di Emiliano di bloccare il processo di autonomia rafforzata lascia freddo (e sospettoso) il mondo politico. Non basta la frenata in Puglia, dicono le voci critiche, occorre adoperarsi per intervenire sul governo e fermare l’autonomia di Veneto, Emilia e Lombardia.
Tutti o quasi contro Michele BARI Emiliano. Il governatore ferma la procedura per chiedere allo Stato maggiori competenze regionali, ma la decisione non è considerata sufficiente. L’umore della comunità politica è profondamente ostile all’«autonomia rafforzata» che la Puglia ha fermato e che Emilia, Lombardia e Veneto stanno per ottenere dal governo.
Solo la Cgil plaude alla decisione di Emiliano. «Apprezziamo – dice il segretario Pino Gesmundo – la sua scelta: da tempo gli chiedevamo di non unirsi al coro delle Regioni del Nord. Fare come loro rischia di legittimare da Sud la richiesta di un regionalismo a geometria variabile che punta a spezzare il patto solidaristico scritto in Costituzione».
Quando Emiliano dice di non volersi trovare invischiato nelle polemiche allude anche al documento di critica scritto da 9 consiglieri di maggioranza, primo firmatario Fabiano Amati (Pd). È contento? «Non mi voglio occupare di questi arzigogoli – risponde Amati – perché vorrei parlare di numeri. Se passasse l’autonomia rafforzata di Veneto, Lombardia ed Emilia, la Puglia perderebbe 686 milioni dal fondo perequativo della sanità. Il Nord vuole maggiori infrastrutture stradali e vuole calcolare i soldi necessari in base al gettito dell’Irpef. Facile per loro: al Nord si versano più tributi rispetto al Sud. Oppure parliamo di quella norma del decreto Semplificazioni che cede “alle Regioni” tutte le centrali idroelettriche. Siccome quegli impianti stanno solo al Nord, per le Regioni settentrionali è un grazioso regalo da 262 milioni». Ma non è solo una questione territoriale. «Secondo me – aggiunge Amati – occorrerebbe minore autonomia e non di più. Evidentemente abbiamo dimenticato tutte le lamentazioni di quando si scoprirono le spese pazze in Lazio e tutti sparavano sulle Regioni».
La questione muta radicalmente se si parla con Andrea Caroppo. «La Puglia – ragiona il capogruppo della Lega – un tempo era nelle condizioni storiche, economiche e sociali per raccogliere la sfida dell’autonomia. Siamo stati per tanto tempo accostati, per efficienza, ai territori settentrionali. Dunque, chiedere maggiore autonomia in altre due o tre materie, sarebbe assai positivo. Ma c’è un problema». Quale? «Da 15 anni la Puglia è scivolata in fondo alla graduatoria delle Regioni. Emiliano è tutt’altro che un efficace amministratore (come dimostra la condizione della sanità e dei trasporti) e perciò è il meno titolato a poter rivendicare maggiori poteri». Ha fatto bene a fermare la procedura? «Sì, perché è la persona meno indicata per avviare un processo di quel genere». Non teme la ripartizione delle risorse? «No, perché la Costituzione garantisce il soddisfacimento uniforme, sul territorio nazionale, dei Lep, livelli essenziali delle prestazioni». Il nodo cruciale, a sentire Nino Marmo (FI), è proprio questo: «Il lavoro avviato negli anni scorsi sui Lep da varie commissioni non si è mai concluso. Sicché oggi non sappiamo, per esempio, quanti asili siano necessari in Campania e quanti in Piemonte. Il processo di autonomia rafforzata deve arrivare dopo la definizione dei Lep e non prima: altrimenti sarebbe illegittimo. Lo dice il governatore pd campano, Vincenzo De Luca, e lo sostengo pure io». Emiliano ha fatto bene a fermare la procedura? «Ha fatto male a farla partire. E poi ha deciso, come al solito, tutto da solo. Compresa la delibera di partenza, approvata, a dispetto dei declamati processi di partecipazione, nella stanza della giunta e non in Consiglio». «Il governatore ha cambiato idea – ironizza il pentastellato Mario Conca – e dunque non fa notizia: il solito Emiliano fa marcia indietro per non perdere pezzi della sua maggioranza. Ciò detto, sull’autonomia regionale va aperto un dibattito serio coinvolgendo le Regioni e affrontando tutti i nodi ancora irrisolti dopo la riforma del titolo V della Costituzione del 2001. Quella modifica è fallita per la sostanziale mancata applicazione dell’articolo 119 in termini di “autonomia finanziaria di entrata e di spesa”». Come Marmo, anche Conca mette l’accento sull’uniformità dei trattamenti. «Il regionalismo differenziato si può fare solo dopo aver sciolto i nodi che riguardano la ripartizione del fondo sanitario, dei trasporti o per la non autosufficienza. Farlo prima serve solo ad alimentare il caos».
Caroppo Avere più poteri è positivo ma questa Regione inefficiente, non può farlo
Conca
Il governatore ha cambiato idea? Questa non è una notizia
Amati
Se passasse il progetto, la Puglia perderebbe 686 milioni solo per la sanità
Marmo Prima di tutto vanno assicurati i livelli delle prestazioni: e oggi non ci sono