Corriere del Mezzogiorno (Puglia)
«Gallipoli», l’estate salentina dell’americano Zach Condon nel nuovo disco dei Beirut
Gallipoli, anzi le sue strade e il suono di una banda, appaiono come in sogno tra le note dell’omonimo pezzo di Zach Condon, in arte Beirut dal nome del gruppo (?), o meglio del progetto musicale di cui è fondatore e baricentro in quanto voce, autore di testi e musiche, esecutore di tantissime parti strumentali (ukulele, tastiere, tromba e altro). Questo Gallipoli (pubblicato dalla 4AD) è il quinto album firmato Beirut, per tacere di altrettanti Ep. Il poco più che trentenne Zach Condon è nato in un posto speciale dell’ovest americano, quella Santa Fe (New Mexico) che è la ricca e «alternativa» capitale dell’arte dei nativi, nonché un buen retiro adorato da artistoidi e intellettuali americani che non andrebbero mai a trascorrere le vacanze o gli anni della pensione a Miami. Forse anche a causa dei suoi natali, dunque, la passione per l’Europa, i viaggi e le canzoni-cartolina (da cui deriva una certa idea molto «indie» di folk e world music) appartiene al giovane Zach sin da quando andava al liceo, nutrita da viaggi e soggiorni a Oaxaca o da questa parte dell’Atlantico. Gallipoli (l’album pubblicato all’inizio del mese) è nato tra Berlino e il Salento, registrato tra Puglia, Germania e New York, e infine prodotto da un’etichetta inglese. Nel disco Gallipoli non è la sola canzone nata a partire dalle suggestioni di un luogo (come lo stesso nome del gruppo, d’altronde, o in passato l’ep Pompeii); qui ci sono anche Corfu e On Mainau Island, che è un’amena isoletta sul lago di Costanza, in Germania. Ma quello alla Puglia è un riferimento tutt’altro che casuale o privo d’importanza. Il suono di Gallipoli (l’album), del Mediterraneo ha la luce leggera e insieme abbagliante; lo stesso Condon ha spiegato come la canzone sia stata scritta mentre il gruppo era in Salento a registrare, al Sudestudio di Guagnano, dopo una notte vagamente allucinatoria trascorsa a Gallipoli, persi nei vicoli del centro storico dietro una banda. E la tromba di Condon ricrea il ricordo di quella banda suonando «sporco», in tonalità un po’ calante, una melodia che del popolare ha tutti gli accenti. Ma l’intero disco esprime una felicità intrisa di malinconia che è la perfetta fotografia di un’estate salentina, o greca, o di dove altro vi pare.