Corriere del Mezzogiorno (Puglia)
Ecco il progetto di Super Popolare Ma le altre banche restano timide
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Un passaggio obbligato che porterà inevitabilmente le banche popolari della Puglia a inaugurare il dossier aggregazione. Se non altro per scrutare le opportunità di un’eventuale fusione tra realtà omogenee. L’emendamento al «Dl Crescita», approvato dalle commissioni bilancio e finanze della Camera, consente a imprese e istituti di credito del Sud di utilizzare le cosiddette attività fiscali differite (Dta) trasformandole in credito di imposta fino a 500 milioni in caso di aggregazioni. In molti associano l’iniziativa a un «salva banche» mascherato perché andrebbe a incidere soprattutto sulla situazione della Banca Popolare di Bari. L’istituto guidato dalla famiglia Jacobini, infatti, chiuderà il 2018 con una «perdita netta consolidata a 397,2 milioni con i ratio patrimoniali di gruppo rideterminati al 7,52% per quanto concerne il Cet1 ratio e il Tier One ratio e al 9,78% per il Total Capital Ratio».
La norma, proposta dalla maggioranza (su indicazione del Mef e della Banca d’Italia) a questo punto chiama in causa anche le altre popolari del territorio che potrebbero beneficiare degli sgravi. «Aspettiamo di vedere i contenuti dell’emendamento — afferma Leonardo Patroni Griffi, presidente della Popolare di Puglia e Basilicata —, ma sicuramente è una novità che imporrà ai consigli d’amministrazione una riflessione. Diciamo che si viene a costituire una precondizione per avviare un ragionamento».
In verità, tra le tre grandi popolari (ne fa parte anche la salentina Popolare Pugliese) i contatti negli ultimi venti anni sono sempre stati vivaci. Tuttavia, per fare un’alleanza è necessario innescare la catena del valore ideando una formula che produca effetti positivi per tutti i soggetti coinvolti. «È chiaro — conclude Patroni Griffi — che andrà verificato l’impatto di una operazione del genere sulla banca. È una questione di numeri e di prospettiva dell’attività nei prossimi anni. Il nostro interesse è fare la scelta giusta salvaguardando l’interesse di tutti». Sulla via della super popolare (anticipata dal Corriere del Mezzogiorno a gennaio scorso) pesa il fatto che si sia arrivati a una decisione così importante nel momento di maggior debolezza dell’istituto di credito più grande (la Popolare di Bari). Meglio sarebbe stato avere tre banche in salute. Sicuramente il territorio avrebbe dato vita per tempo a un soggetto forte e autorevole in grado di resistere alle turbolenze di mercato degli ultimi anni. Perché azionisti, clienti e imprese chiedono certezze.
Ma, archiviato il passato, è tempo di nuovi step. Sapendo che la congiuntura non ammette più passi falsi. Alle banche viene chiesta solidità patrimoniale e dinamicità nel supporto delle economie locali. «Già nell’ultima assemblea dei soci — chiarisce Vito Primiceri, direttore generale della Popolare Pugliese — avevamo fatto una riflessione in tal senso. Pur non essendo prevista una voce specifica all’ordine del giorno era emersa la volontà di tenere sotto controllo l’evoluzione del mondo delle popolari. Ora questo decreto va in questa direzione e sarà oggetto di un logico approfondimento». I vantaggi per una fusione tra le tre popolari della Puglia ha un peso specifico: dei 500 milioni, nei prossimi tre anni 70-80 milioni potrebbero essere utilizzati da Pop di Puglia e Basilicata e Pop Pugliese. Ma si tratta solo di proiezioni. «Siamo in attesa di capire le novità introdotte dal testo — termina Primiceri — in modo da valutare la ricaduta su tutte le componenti. Una banca è fatta di azionisti, clienti e dipendenti. E soprattutto va analizzato l’impatto sugli indici patrimoniali. Possiamo dire che è ancora presto per parlare di novità».
Patroni Griffi È una questione di numeri e di prospettiva dell’attività nei prossimi anni Dobbiamo ragionare
Primiceri Una banca è fatta di tanti soggetti: azionisti, clienti e dipendenti. Da analizzare l’impatto sugli indici patrimoniali