Corriere del Mezzogiorno (Puglia)
Il rifiuto alla ginnastica dell’anti-meridionalismo
Oramai Nord e Sud non si riconoscono più. Soprattutto noi meridionali non conosciamo noi stessi. Proviamo? Sicuramente sapevamo che nel Mezzogiorno ci sono cantanti neomelodici «specializzati in moderne canzoni di malavita».
Ma forse non sapevamo che sono «di vastissimo successo» e addirittura ci rappresentano come prototipo. Forse sapevamo che i nostri toni sono «spensierati», com’è nel nostro «carattere antico», ma non sapevamo certamente che fra di noi serpeggia «un pervadente sentimento di continua inadeguatezza». Sappiamo da almeno tre secoli che il Sud è «arretrato» ma forse non sappiamo che esistono, stranamente, «oasi di sviluppo talora di altissima qualità tecnologica». Sappiamo che siamo un mercato di consumatori più che di produttori. Ma sapevamo che possiamo anche votare e decidere «da chi e come deve essere governato il Paese?».
Se non sapevamo tutte queste cose è perché non abbiamo letto l’editoriale di qualche giorno fa di Ernesto Galli della Loggia sul Corriere della Sera. Prendendo a pretesto il caso del cantante neomelodico invitato in Rai che parla con inquietante sufficienza della morte di Falcone e Borsellino, l’editorialista si è provato in una di quelle sessioni, sempre più allarmanti, di ginnastica anti-meridionale. Di cui, francamente, non se può più. Siamo orami diventati un corpo estraneo di cui, per proseguire nel citato esercizio, «l’Italia deve decidere una volta per tutte che cosa vuole farci». Farci trasferire tutti al Nord? Nel caso, non temiamo: saremo trattati senza «indulgenza ma con generosità».
Il discorso è antico, almeno quanto l’orientalismo studiato da Edward Said. Erano i primi del ‘900 e la domanda che fu fatta, quando l’Inghilterra doveva decidere se intervenire in Egitto, fu: «Con che diritto assumete quest’aria di superiorità nei confronti dei popoli che avete deciso di chiamare orientali?». La stessa che possiamo ribadire oggi: con che diritto si assume quest’aria di superiorità nei confronti di una parte dell’Italia che si è deciso di chiamare «la società della disgregazione e dell’abbandono»? E, soprattutto, perché si chiede «che razza di società» siamo se la risposta la si ha già: «è la società del Sud attuale»? Insomma, la nostra colpa è quella di essere meridionali. Per Gaetano Salvemini, che Galli della Loggia cita, l’Italia senza il Sud sarebbe stata solo «un Belgio più grande». Per Antonio De Viti De Marco, l’Italia con il Sud diventò un’enclave capitalista a piè delle Alpi, che grazie a un’«ignobile legislazione di classe e di regione», dispose di «una popolosa colonia di sfruttamento».
Ne dispone ancora?