Corriere del Mezzogiorno (Puglia)
Droga, il business dei clan foggiani
Nella relazione della Dia l’analisi della progressiva espansione nella provincia Aumenta il coinvolgimento e l’ integrazione dei gruppi albanesi sul territorio
La criminalità foggiana è stata fortemente condizionata, negli ultimi mesi, da una forte azione di contrasto della procura di Foggia che ha portato a termine numerose inchieste coordinate dal procuratore capo Ludovico Vaccaro. Il risultato — come emerge dalla seconda relazione semestrale della Dia è stato «che quasi tutti i clan sono rimasti privi dei loro vertici perché tratti in arresto». Pur persistendo la suddivisione tra le tre organizzazioni (società foggiana, mafia garganica e malavita cerignolana) continua «la ricerca di sinergie al fine di superare le difficoltà contingenti»— scrivono gli esperti della Dia che sottolineano la posizione di centralità assunta dalla mafia foggiana «attraverso la progressiva espansione nei territori della provincia e la ricerca di convergenze finalizzate ad una gestione monopolistica delle attività illecite, in particolare il traffico di sostanze stupefacenti». Gli arresti e gli ingenti quantitativi di droga sequestrati «attestano— è scritto ancora nel dossier — questo territorio come uno snodo fondamentale nel mercato della marijuana, sia che l’approvvigionamento avvenga dall’Albania, sia che avvenga dalle consistenti piantagioni locali. In entrambi i casi si assiste ad un sempre maggiore coinvolgimento ed integrazione dei gruppi albanesi sul territorio, assieme a soggetti del posto, nella coltivazione della marijuana».Dal rapporto emerge ancora che a Foggia le tre batterie della società foggiana, pur « se fortemente ridimensionate dalle attività investigative e giudiziarie restano particolarmente attive nel traffico di stupefacenti e nelle estorsioni e riuscendo a specializzarsi nel riciclaggio».
L’area garganica resta invece «connotata dalla presenza di una pluralità di soggetti criminali con forte vocazione verticistica, basati essenzialmente su vincoli familiari, gerarchicamente non legati tra loro, ma influenzati, attraverso antitetiche alleanze, dalle diverse batterie della società foggiana. Questi gruppi sono dediti prevalentemente— scrivono ancora gli investigatori dell’Antimafia— al traffi
co di sostanze stupefacenti, alle estorsioni (anche attraverso l’imposizione di guardiania abusiva in strutture ricettive o cantieri), ai reati predatori (furti e rapine ai portavalori) e al riciclaggio di denaro di provenienza illecita da attività commerciali».
A proposito di alleanze e guerre di mafia tra le cosce, la Dia evidenzia che «i Li Bergolis, originari di Monte Sant’Angelo operano in sinergia con altri sodalizi presenti nell’area del promontorio nonché con il clan foggiano Francavilla. Sono in conflitto con il clan Romito-Gentile di Manfredonia e Mattinata, che vanta invece rapporti con i clan Moretti e Trisciuoglio della società foggiana, con la malavita di Cerignola e con gruppi del promontorio garganico, in particolare di Vieste e Monte Sant’Angelo». Un quadro che mette in evidenza come la contrapposizione tra i Li Bergolisi e Romito si ripercuote anche nella faida di Vieste, essendo il «primo schierato a favore del gruppo IannoliPerna, mentre il secondo risulta alleato dei Raduano e dei Ricucci. L’incisivo intervento delle forze dell’ordine è stato determinante per bloccare la stagione di sangue che aveva caratterizzato il primo semestre del 2018». Il riferimento è in particolare alle operazioni «Neve fresca» e «Agosto di fuoco» che oltre a conclamare «l’esistenza di questi ultimi nuovi clan, ne hanno descritto assetti, equilibri e energie».