Corriere del Mezzogiorno (Puglia)
La crisi di Mittal spacca il fronte dei Cinque Stelle
Vertice a Roma su ArcelorMittal L’azienda accusa una perdita di due milioni di euro al giorno
Il governo, attraverso il ministro Patuanelli, conferma che a Taranto si continuerà a produrre acciaio nel rispetto del piano industriale e ambientale di ArcelorMittal. L’azienda - secondo il ministro - non ha sollevato il problema dell’immunità, mentre i sindacati insistono sulla salvaguardia dell’occupazione e smentiscono che ci siano cordate alternative pronte a rilevare gli asset industriali. Intanto Mittal a Taranto è in profonda crisi e continua perdere 150 milioni a trimestre.
«La posizione del governo è chiara: non esiste un’idea di piano industriale del Paese senza la siderurgia. Noi siamo intenzionati a garantire la continuità produttiva e chiederemo all’azienda di rispettare il piano industriale e ambientale». Il ministro grillino dello Sviluppo economico, Stefano Patuanelli, ha ripetuto questo concetto ai sindacati dei metalmeccanici durante l’incontro sull’ex Ilva convocato ieri al ministero. Lo aveva già detto dopo l’approvazione in Senato del provvedimento che ha abolito le tutele legali per ArcelorMittal. Sindacalisti e lavoratori temono che questa decisione costituisca per l’azienda il pretesto per abbandonare la gestione del polo siderurgico tarantino. Anche ieri hanno ribadito che la produzione di acciaio a Taranto deve continuare salvaguardando l’occupazione, che non esiste alcun piano B né qualche cordata pronta a rilevare gli asset. Il ministro ha però rivelato a Fiom, Fim e Uilm che «l’azienda ha parlato di difficoltà produttive, ma non ha posto il problema dell’abolizione dello scudo legale. Siamo convinti - ha aggiunto che non ci sia un’incidenza diretta tra il decreto salva imprese e la situazione industriale di Taranto e una norma specifica non abbia una tenuta parlamentare, mentre una norma di ampio respiro potrà essere presa in considerazione se necessario».
In realtà la mancanza delle tutele sembra diventato per la multinazionale un aspetto secondario rispetto alla profonda crisi che deve fronteggiare, anche se in fabbrica si sta imponendo una grande cautela nel prendere decisioni operative. Il nuovo ceo Lucia Morselli, nell’incontro di martedì scorso con il ministro, ha sottolineato le grandi difficoltà a mantenere una produzione remunerativa, ha parlato della perdita di circa due milioni al giorno, del mercato internazionale danneggiato dai dazi americani e dall’import eccessivo da altri paesi. A metà novembre il ministro convocherà un incontro al quale parteciperanno i sindacati e l’azienda per conoscere le reali intenzioni di ArcelorMittal sul futuro industriale e occupazionale. La confusione, comunque, regna sovrana e mancano idee precise sul futuro della siderurgia. C’è chi tifa per la chiusura dello stabilimento tarantino, come il sottosegretario Turco, e chi, come i due ministri Patuanelli e Provenzano, esprime la volontà di garantire la continuità produttiva, anche senza esplicitarne il metodo industriale. Ed ecco che ieri è spuntata la proposta dei pentastellati di Puglia che puntano a far cambiare pelle all’ex Ilva. Presenteranno una mozione con cui impegnare il Consiglio regionale a promuovere la sottoscrizione di un accordo di programma per la riconversione dell’ex Ilva di Taranto. Un’intesa tra moltissimi soggetti, ministeriali e locali, per «favorire lo sviluppo di attività produttive compatibili con la normativa a tutela della salute e dell’ambiente e diverse dal ciclo produttivo siderurgico dell’area a caldo. L’Accordo di programma prevede la realizzazione di interventi di bonifica e risanamento dell’area dismessa a seguito della chiusura delle lavorazioni siderurgiche a caldo e l’avvio di un piano industriale per il consolidamento delle lavorazioni a freddo, assicurando al contempo la tutela dei livelli occupazionali». «L’obiettivo – continua la nota dei consiglieri cinque stelle - è la riconversione economica ed industriale dell’area di Taranto, capace di promuovere un nuovo modello sociale che punti alla progressiva sostituzione delle fonti fossili con quelle rinnovabili e alla eliminazione delle principali fonti inquinanti. Visti i costi sociali, ambientali e sanitari prodotti dall’attività dello stabilimento siderurgico dobbiamo ora lavorare in modo compatto per arrivare alla riconversione economica e sociale dell’attività dell’ex Ilva e di tutta l’area di Taranto puntando su settori economici nuovi e competitivi».