Corriere del Mezzogiorno (Puglia)
Giallo del deejay suicida Disposta la perizia sulla lettera d’addio
Esame calligrafico disposto dalla procura di Lecce sul biglietto scritto dal deejay Gli inquirenti vogliono capire se è la scrittura del giovane morto impiccato
La ricerca della verità sulla morte del deejay Ivan Ciullo giunge a un bivio. La Procura di Lecce ha disposto una perizia calligrafica sulla lettera d’addio scritta al computer e ritrovata nell’auto di Navy (nome d’arte di Ciullo). L’accertamento è stato sollecitato dalla famiglia di Ciullo, dopo la riapertura del caso avvenuta ufficialmente nel marzo 2019 dopo due archiviazioni: inizialmente, per gli inquirenti, si era trattato di suicido.
La ricerca della verità sulla morte di Ivan Ciullo giunge ad un bivio. La procura di Lecce, infatti, ha disposto una perizia calligrafica sulla lettera d’addio scritta al computer e ritrovata nella vettura del talentuoso musicista e disk-jockey di Acquarica del Capo, conosciuto con il nome d’arte dj Navy, il cui corpo senza vita fu ritrovato impiccato ad un albero la mattina del 22 giugno 2015.
L’accertamento sulla missiva, per anni «ignorata» dagli inquirenti, è stato disposto dal pubblico ministero Maria Vallefuoco e sollecitato dai legali della famiglia del deejay salentino. L’incarico sarà conferito lunedì alla grafologa Luciana Schirinzi e consentirà di fugare il dubbio legato alla grafia dell’unica frase manoscritta presente sulla busta - «X mamma e Sergio» (i genitori di Ivan, ndr) - che però questi ultimi disconoscono. Quella scrittura, se non dovesse appartenere ad Ivan, apparterrebbe a qualcun altro.
Dopo due archiviazioni perché ritenuto un suicidio, il caso della morte di Ivan Ciullo è stato riaperto per la terza volta nel marzo 2019, sulla base dell’istanza presentata dagli avvocati della famiglia del disk-jockey (Paolo Maci e Walter Biscotti) e dei nuovi elementi emersi dalle perizie dei loro consulenti, secondo i quali Ivan – solare, circondato da amici, amante della musica e della radio - sarebbe stato ucciso. E che quindi il trentaquattrenne, al contrario di quanto sostenuto per anni dalla procura, non si sia suicidato.
Riaperta con l’ipotesi di reato di istigazione al suicidio, ad oggi l’inchiesta vede nel registro degli indagati il nome di una sola persona: si tratta di un sessantacinquenne del posto, con cui Ivan pare avesse avuto una relazione tormentata. Nei mesi scorsi, inoltre, è stata disposta la riesumazione della salma di Ivan ed è stata eseguita l’autopsia, ma gli esiti degli accertamenti necroscopici eseguiti dai consulenti della procura, depositati poco più di un mese fa, hanno evidenziato una morte compatibile con il suicidio.
Affatto convinti che Ivan si sia tolto la vita, mamma Rita Bortone e papà Sergio Martella, affiancati dai loro legali e consulenti, continuano a battagliare alla ricerca della verità. Nelle memorie tecniche depositate sul tavolo del pubblico ministero, sono già state evidenziate diverse incongruenze rispetto all’ipotesi del suicidio. Tra di esse: la mancata rottura dell’osso ioide, che la caduta a peso morto del corpo del dj avrebbe dovuto provocare; l’assenza di impronte sullo sgabello che avrebbe usato Ivan per impiccarsi, i cui piedi, tra l’altro, non erano penetrati nel terreno; la presenza di diverse macchie ipostatiche sulla schiena, incompatibili con un’impiccagione da vivo e che posticiperebbero di 6 ore l’orario ipotizzato della morte del giovane; l’utilizzo di una tipologia di cavo (un cavo microfonico) incompatibile con l’impiccagione. Si tratterebbe, secondo loro, di un suicidio simulato. Altre incongruenze - anticipano gli avvocati della famiglia Ciullo - saranno poste all’attenzione degli inquirenti nei prossimi giorni.
Uno dei tanti punti «oscuri» della vicenda, tuttavia, potrà essere chiarito proprio dalla perizia calligrafica disposta su quella frase manoscritta riportata sulla busta contenente la lettera d’addio, che Ivan – o chi per lui – ha indirizzato ai genitori prima della morte. L’esito della consulenza, quindi, potrebbe rappresentare uno spartiacque decisivo nell’inchiesta: qualora la grafia non dovesse essere effettivamente quella dello sfortunato musicista salentino, allora tra le mani degli investigatori ci potrebbe essere addirittura la «firma» del suo possibile assassino.
L’iter giudiziario Ritenuto suicidio, è stato archiviato due volte. Il caso della morte di Ivan è stato riaperto per la terza volta a marzo del 2019