Corriere del Mezzogiorno (Puglia)
Più prosa che lirica
Ci sono tutti i temi cari a Salvatores nel suo ultimo film,Tutto il mio folle amore. Quelli che lo resero noto: il viag-gio, la fuga, il road movie, la musica. Un melanconico eun po’ furbetto ritorno a Turnè (anche lì c’erano due modi dif-ferenti di essere uomini, e anche lì c’era un viaggio) con il regi-sta che si affida ai suoi attori amici, pescando il plot da unafonte letteraria. Salvatores porta sul grande schermo il raccon-to del viaggio reale e avventuroso di padre e figlio affetto daautismo, scritto da Fulvio Ervas nel libro Se ti abbraccio nonaver paura. Il film lo fa suo trasformando in una storia toccan-te l’incontro del sedicenne Vincent (GiulioPranno) con il padre naturale (Claudio Santamaria) che l’aveva respinto alla na-scita. Un cantante fallito che si arrabattatra matrimoni e feste di piazza. Somiglia alMimmo nazionale, fa tutte le sue cover e sipresenta come il «Modugno della Dalma-zia». I due daranno vita a una rocambole-sca corsa dall’altra parte dell’Adriatico, in-seguiti dalla mamma (Valeria Golino) edal padre adottivo (Diego Abatantuono). Il film non racconta solo l’autismo (pa-rola mai pronunciata), ma soprattutto l’amore incondizionato che lega un geni-tore al figlio. E attraverso il viaggio, e i suoisignificati simbolici, viene filtrato il temapiù esplicito del film (la disabilità) perraccontare altro. La diversità prima di tut-to. Il rapporto fra due adulti con loro stessi e con il loro esseregenitori, ad esempio. Di più, il rapporto di una madre che ri-scopre il figlio per farlo nascere una volta ancora. Più che poetico, però, Tutto il mio folle amore è un film inprosa, consapevole che non potrà diventare poesia. Ha unascrittura lineare, una grammatica da manuale, tutte le scene alposto giusto: dalla diffidenza iniziale, al ricongiungimento, dalla conoscenza del sesso all’introduzione dell’elemento de-stabilizzante (la lite che potrebbe dividerli). E c’è quel pizzicodi ironia che fa dire ad Abatantuono un’amara verità: «La feli-cità è un colpo di culo».