Corriere del Mezzogiorno (Puglia)

Neonata morta al Pediatrico per una diagnosi ritardata Accuse ai medici dopo 15 anni

Bari, perizia dei giudici civili accusa i medici del Giovanni XXIII I genitori della piccola, appena 17 giorni, hanno chiesto i danni

- di Angela Balenzano

«Le probabilit­à di sopravvive­nza della neonata sarebbero state significat­ivamente maggiori qualora fosse stata trattata in modo tempestivo». La perizia ordinata dal tribunale civile di Bari, dove è in corso una causa per risarcimen­to danni, riapre sostanzial­mente il caso della piccola morta quindici anni fa, dopo 17 giorni di vita, all’ospedale pediatrico di Bari per una presunta diagnosi ritardata.

«Le probabilit­à di sopravvive­nza della neonata sarebbero state significat­ivamente maggiori, qualora fosse stata adeguatame­nte e tempestiva­mente trattata». È uno degli stralci di una perizia medico legale affidata ad un perito nominato dal Tribunale di Bari dinanzi al quale si sta celebrando il processo per ottenere il risarcimen­to danni chiesto dai genitori di Nicole, una neonata morta 15 anni fa nell’ospedale pediatrico Giovanni XXIII di Bari: aveva solo 17 giorni. La perizia ha evidenziat­o i ritardi nella diagnosi di una malformazi­one cardiaca congenita, nella cura della patologia e poi dell’infezione polmonare che la piccola aveva contratto in ospedale.

Il decesso della piccola risale all’11 giugno 2004. Nata in una clinica privata convenzion­ata, fu trasferita al Giovanni XXIII e sottoposta, 30 ore dopo la nascita, ad un intervento di correzione della malformazi­one cardiaca. In ospedale contrasse una infezione polmonare che causò la morte perché, secondo la perizia, fu curata troppo tardi. La mamma e il papà di Nicole, una coppia di Bitonto, hanno citato in giudizio la Asl che all’epoca dei fatti era responsabi­le della struttura pediatrica. Nei mesi scorsi il giudice ha fatto una proposta transattiv­a che la Asl ha rifiutato e, due giorni fa, si è celebrata l’udienza e il Tribunale (il procedimen­to è iniziato nel 2016) si sarebbe dovuto riservare di decidere. L’udienza è stata invece rinviata al 4 febbraio 2020 perché il giudice è stato trasferito. Dopo anni di sofferenza, i genitori di Nicolestan­do alla ricostruzi­one dei fatti- chiesero la cartella clinica della figlia per capire cosa fosse realmente accaduto. Affidarono il materiale ad un avvocato che delegò la consulenza ad un esperto, secondo il quale l’operato dei medici fu corretto. «La patologia era tanto grave che già il fatto di aver vissuto 17 giorni poteva definirsi un miracolo», scrisse nella perizia.

I genitori, dopo qualche anno, si sono rivolti all’avvocato Ettore Gorini il quale si è avvalso della consulenza del dottor Giancarlo Crupi, esperto carrato diochirurg­ico pediatrico. «In passato non erano state ravvisate errori nell’operato dei medicispie­ga Gorini- mentre la consulenza affidata al dottor Crupi ha individuat­o condotte omissive ed errori nelle condotte dei medici». Così il difensore ha avviato il procedimen­to di mediazione obbligator­io, ma «l’Asl non compare all’incontro» e i genitori si rivolgono al Tribunale civile. A quel punto la Asl «cerca di giustifica­re l’opedei propri medici, evidenzian­do che la bambina era affetta da dismorfism­o facciale», una malformazi­one che però ai genitori non risultava essere stata diagnostic­ata. L’avvocato Gorini si è rivolto all’ospedale pediatrico per ottenere una copia del referto. Il 16 agosto del 2016 i genitori hanno ottenuto l’esito di quell’accertamen­to che, come ricordavan­o, risultò negativo.

La vicenda è finita in aula e il giudice, esaminati gli atti, ha affidato la consulenza medica ad un esperto cardiologo, dirigente medico della polizia di Stato che, analizzata la documentaz­ione clinica e gli esami ai quali Nicole era stata sottoposta, ha confermato le presunte responsabi­lità dei medici. È stato riconosciu­to che «le terapie effettuate rappresent­arono scelta adeguata, ma non tempestiva» e successiva­mente «la gestione dell’infezione contribuì a ridurre ulteriorme­nte le probabilit­à che la bimba sopravvive­sse». Sulla base di questa relazione il giudice ha formulato una proposta di definizion­e transattiv­a che è stata accettata dai genitori di Nicole. «La Asl- spiega l’avvocato— offre però il 50 per cento di quanto indicato dal giudice». A questo punto la madre e il padre hanno fatto appello al presidente della Regione e al direttore generale della programmaz­ione sanitaria presso il Ministero della Salute. Un appello che risale a marzo scorso e che finora non ha avuto risposta.

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L’ospedalett­o di Bari al centro del caso
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Nella foto sopra l’ospedale Giovanni XXIII di Bari
Il luogo Nella foto sopra l’ospedale Giovanni XXIII di Bari

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