Corriere del Mezzogiorno (Puglia)
Ex Ilva destinata a ridimensionarsi
Nuovo contratto in vista per ArcelorMittal a Taranto. È quanto emerso dal vertice fra Patuanelli e Morselli.
Si va verso la revisione del contratto tra ArcelorMittal e governo italiano. È una delle possibili soluzioni che è possibile leggere tra le righe del comunicato emesso dal ministero dello Sviluppo Economico al termine dell’incontro con il nuovo ceo della multinazionale dell’acciaio Lucia Morselli. Era accompagnata, secondo voci consistenti, da Aditya Mittal, figlio di Lakshmi fondatore della società e titolare di incarichi di grande responsabilità nel gruppo, e dal ceo Europe Gert van Poelvoorde. ArcelorMittal ha illustrato ai ministri Stefano Patuanelli (Mise) e Giuseppe Provenzano (Sud) una serie di problematiche che hanno modificato profondamente le condizioni di partenza e che l’azienda si trova ad affrontare da molti mesi. Nuove situazioni che «renderebbero difficile il mantenimento degli impegni assunti sul fronte produttivo e occupazionale». Sembra quindi delinearsi la possibilità di ridisegnare al ribasso il polo siderurgico rispetto all’attuale perimetro. La prolungata crisi di mercato, i dazi amerituanelli,
Le prospettive
Ci sarà un polo produttivo più leggero con meno addetti e l’uso di tecnologie ad impatto basso
cani, la sovrapproduzione e la contemporanea invasione di acciaio cinese e turco, le deboli tutele dell’Unione europee, l’aumento del costo delle materie prime e del CO2 rispetto a produzioni esterne al perimetro della Ue hanno creato condizioni difficili per ArcelorMittal. A Taranto ha dovuto ridimensionare la produzione dai 6 milioni di tonnellate previsti a 4,8 di fine anno mettendo in cassa integrazione prima 1.395 lavoratori e nella seconda ondata 1.287 fino a dicembre. Su questo quadro incombe sempre la cancellazione dello scudo penale per i gestori. Lucia Morselli è stata chiamata da due settimane per gestire questi difficili passaggi che ha elencato ai ministri. Lo stesso Panei giorni scorsi, ha confermato la necessità che in Italia si continui a produrre acciaio, ma ha anche ammesso che «con quattro milioni di tonnellate lo stabilimento non sta in piedi». Di qui la possibilità di pensare a un polo produttivo più leggero, con meno lavoratori, l’apertura a un privato, l’introduzione di altre tecnologie meno impattanti. Ieri il Governo si è detto disponibile «ad approfondire e verificare tutte le condizioni e gli strumenti per affrontare e risolvere le criticità». Ha ancora confermato la «necessità di garantire la continuità produttiva, la realizzazione del piano ambientale e la tutela occupazionale». I sindacati, che insistono nel chiedere se ArcelorMittal rispetterà l’accordo firmato il 6 settembre 2018 con il ministro Luigi Di Maio non si esprimono e attendono la convocazione, peraltro annunciata dal ministro di «un nuovo tavolo di confronto tra governo e azienda, coinvolgendo i sindacati e le istituzioni locali».