Corriere del Mezzogiorno (Puglia)

Dall’Aglianico un esempio di «mineralità»

- Pasquale Porcelli

Si scrive molto negli ultimi tempi dei vini che provengono da uve coltivate su terreni di origine vulcanica e della loro «mineralità». L’Italia da questo punto di vista è un territorio che racchiude veri tesori. Da nord a sud, terreni di questo tipo sono molto diffusi, andando da quelli originates­i in ere remote a quelli più recenti, intorno a vulcani attivi come il Vesuvio e l’Etna. Terreni che pur avendo la stessa origine sono molto diversi tra loro per granulomet­ria e composizio­ne chimica: fini e sabbiosi, più pesanti ed argillosi, sino a quelli più compatti e tufacei. La diversa composizio­ne chimica influenzer­à di conseguenz­a anche i vini che si otterranno.

Tra i terreni vulcanici quelli del Vulture sono a loro volta molto diversific­ati. La zona di Lavello-Venosa, dove l’altitudine scende sotto i 200 metri, è la più produttiva. E’ composta da terreni più «grassi», argillosi, dove le uve d’Aglianico si esprimono producendo vini di buon volume alcolico, con acidità più mitigata e tannicità meno aggressiva rispetto a quelli prodotti nelle zone ad altitudine maggiore. Il Gudarrà arriva da queste terre e dopo un affinament­o in botte, dai 24 ai 30 mesi, si presenta con un bel colore rosso rubino tendente al granata. I profumi richiamano piccoli frutti neri come mora e ribes ma anche erbe di macchia mediterran­ea, con un sottofondo dominato da toni speziati che ricordano tabacco, cioccolato scuro e poi liquirizia. A palato mostra una buona struttura con un richiamo ancora di spezie, mentre i tannini sono raffinati e dolci.

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