Corriere del Mezzogiorno (Puglia)
Ma la Puglia resta pur sempre un’isola felice
In un luogo da cui si fugge appena si può, la Puglia dà nuovi segni di vitalità, confermando che la parola «Mezzogiorno» è ormai talmente generica ed abusata da fare solo danni. Siamo sempre sotto gli exploit del Nord, certo. Ma il Rapporto Svimez 2019 testimonia per i territori pugliesi, abruzzese e sardo una crescita dell’1,3, 1,7 e 1,2 per cento. In
Puglia, oltre a solidi poli di ricerca nella bioeconomia come l’università di Bari, a trainare la crescita sono le costruzioni (+4,4%), in un quadro in cui tutta l’industria produce un soddisfacente +2% e i servizi un +1,1. L’agricoltura, invece, cala dell’1,0%. Se quindi le cifre macroeconomiche dovrebbero servire ad imporre la priorità della politica nazionale, bisognerebbe poi differenziare le politiche a seconda dei punti di forza e debolezza e delle vocazioni dei diversi territori.
In termini generali, c’è poco da dibattere. Nel Sud, dal 2000 ad oggi sono andate via più di due milioni di persone, di cui la metà giovani e quasi un quinto
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Il paradosso
La parola «Mezzogiorno» è ormai talmente generica ed abusata da fare soltanto danni
laureati. E il gap Nord-Sud è talmente cresciuto nell’ultimo decennio — dal 19,6% al 21,6% — da aver bisogno, per essere colmato, di 3 milioni di nuovi posti di lavoro. Il Sud, da oggi ufficialmente in recessione e con i consumi in calo, è lontano dai livelli pre-crisi di 10 punti di pil, mentre il centro-nord solo del 2,4. Un Paese che programma lo sviluppo pensa soprattutto a trattenere la forze lavoro e ad attrarre le forze produttive. L’Italia, al contrario, ha irresponsabilmente fatto pagare il costo maggiore della crisi alla sua parte più debole. Il punto chiave di tutto il Rapporto è nella clausola disattesa del 34% degli investimenti ordinari al Sud. Solo nel 2018 mancano nel Mezzogiorno circa 3,5 miliardi di investimenti. Secondo Svimez, «l’applicazione della clausola del 34% determinerebbe un’accelerazione della crescita del Pil meridionale dello 0,8%, riportandolo ai livelli di crescita del centro-nord». Insomma, serve un regionalismo «differenziato», ma all’opposto di quello di cui si parlava nel governo Conte I.
Il primo banco di prova è l’ex Ilva. La nuova proprietà annuncia di voler lasciare. Dopo anni di chiacchiere sulla sfida di «coniugare salute e lavoro», oggi si prospetta la doppia beffa di una città che non ha avuto salute e ora rischia di perdere anche il lavoro. Il pil pugliese che la Svimez registrerà nel Rapporto 2020, se non accade qualcosa di eclatante, sarà in negativo. Ma certo nessuno può più pensare che a salvarlo debbano essere solo gli abitanti di una città condannata.