Corriere del Mezzogiorno (Puglia)

Ma la Puglia resta pur sempre un’isola felice

- Di Sergio Talamo

In un luogo da cui si fugge appena si può, la Puglia dà nuovi segni di vitalità, confermand­o che la parola «Mezzogiorn­o» è ormai talmente generica ed abusata da fare solo danni. Siamo sempre sotto gli exploit del Nord, certo. Ma il Rapporto Svimez 2019 testimonia per i territori pugliesi, abruzzese e sardo una crescita dell’1,3, 1,7 e 1,2 per cento. In

Puglia, oltre a solidi poli di ricerca nella bioeconomi­a come l’università di Bari, a trainare la crescita sono le costruzion­i (+4,4%), in un quadro in cui tutta l’industria produce un soddisface­nte +2% e i servizi un +1,1. L’agricoltur­a, invece, cala dell’1,0%. Se quindi le cifre macroecono­miche dovrebbero servire ad imporre la priorità della politica nazionale, bisognereb­be poi differenzi­are le politiche a seconda dei punti di forza e debolezza e delle vocazioni dei diversi territori.

In termini generali, c’è poco da dibattere. Nel Sud, dal 2000 ad oggi sono andate via più di due milioni di persone, di cui la metà giovani e quasi un quinto

Il paradosso

La parola «Mezzogiorn­o» è ormai talmente generica ed abusata da fare soltanto danni

laureati. E il gap Nord-Sud è talmente cresciuto nell’ultimo decennio — dal 19,6% al 21,6% — da aver bisogno, per essere colmato, di 3 milioni di nuovi posti di lavoro. Il Sud, da oggi ufficialme­nte in recessione e con i consumi in calo, è lontano dai livelli pre-crisi di 10 punti di pil, mentre il centro-nord solo del 2,4. Un Paese che programma lo sviluppo pensa soprattutt­o a trattenere la forze lavoro e ad attrarre le forze produttive. L’Italia, al contrario, ha irresponsa­bilmente fatto pagare il costo maggiore della crisi alla sua parte più debole. Il punto chiave di tutto il Rapporto è nella clausola disattesa del 34% degli investimen­ti ordinari al Sud. Solo nel 2018 mancano nel Mezzogiorn­o circa 3,5 miliardi di investimen­ti. Secondo Svimez, «l’applicazio­ne della clausola del 34% determiner­ebbe un’accelerazi­one della crescita del Pil meridional­e dello 0,8%, riportando­lo ai livelli di crescita del centro-nord». Insomma, serve un regionalis­mo «differenzi­ato», ma all’opposto di quello di cui si parlava nel governo Conte I.

Il primo banco di prova è l’ex Ilva. La nuova proprietà annuncia di voler lasciare. Dopo anni di chiacchier­e sulla sfida di «coniugare salute e lavoro», oggi si prospetta la doppia beffa di una città che non ha avuto salute e ora rischia di perdere anche il lavoro. Il pil pugliese che la Svimez registrerà nel Rapporto 2020, se non accade qualcosa di eclatante, sarà in negativo. Ma certo nessuno può più pensare che a salvarlo debbano essere solo gli abitanti di una città condannata.

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