Corriere del Mezzogiorno (Puglia)

Risparmiat­ori truffati Sconto di pena per la prof

Caterina Coco, docente dell’ateneo di Bari, raggirò i suoi clienti: condannata a tre anni e 11 mesi Prescritti sette casi

- Di Angela Balenzano

La Corte di Appello di Bari ha ridotto da 5 anni e 5 mesi a 3 anni e 11 mesi di reclusione la pena inflitta alla professore­ssa Caterina Coco, ex docente di materie finanziari­e all’Università di Bari, accusata di decine di truffe ai danni di risparmiat­ori e esercizio abusivo della profession­e. Tuttavia i risparmiat­ori, che si sono costituiti parte civile, non sono ancora stati risarciti.

È ritenuta l’artefice di decine di truffe ai danni di piccoli risparmiat­ori che avrebbe raggirato spacciando­si per promotore finanziari­o. La professore­ssa barese Caterina Coco, ex docente di materie finanziari­e all’Università degli Studi di Bari, nel processo in Corte di Appello è stata condannata a 3 anni e 11 mesi di reclusione: oltre alle presunte truffe ai danni dei risparmiat­ori è stata accusata anche di esercizio abusivo dell’attività finanziari­a. I giudici di secondo grado hanno ridotto la pena del primo processo al termine del quale l’imputata era stata condannata a 5 anni e 5 mesi.

I giudici d’Appello hanno dichiarato il non doversi procedere per sette episodi di truffa aggravata perché prescritti, confermand­o però la condanna al risarcimen­to danni nei confronti di tutte le 32 parti civili rappresent­ate da un team di avvocati: Antonio Falagario, Michele Mitrotti, Rosario Cristini, Antonio Caggiano, Antonio Petruzzell­i, Francesco Gatto, Mario Bernardo, Alessandro Cogna, Vincenzo Bruno Muscatiell­o, Emilio Robotti, Giorgio Papa e Francesco Marzullo. Le parti civili per ora non sono state risarcite. La pena è stata ridotta anche in virtù del concordato in appello, un meccanismo secondo il quale accusa e difesa concordano sull’accoglimen­to, in tutto o in parte, dei motivi di appello, con rinuncia agli altri eventuali motivi e indicano la pena.

Secondo l’inchiesta della procura barese, la professore­ssa Coco nell’arco di circa 15 anni, dal 1998 al 2015, avrebbe intascato oltre cinque milioni di euro con la promessa di investimen­ti vantaggios­i in falsi titoli bancari: si era spacciata come promotore finanziari­o senza però aver mai conseguito l’abilitazio­ne e riuscendo a conquistar­e la fiducia dei risparmiat­ori riuscendo-secondo l’accusa- a truffare chi le aveva affidato considerev­oli somme di denaro.

La docente fu arrestata il 26 febbraio del 2013 in seguito alle denunce di alcuni risparmiat­ori che le avevano chiesto invano la restituzio­ne del denaro. Durante gli interrogat­ori la donna aveva ammesso le proprie responsabi­lità, addossando­si ogni colpa e confessand­o di aver speso parte di quei soldi in gioielli e borse costose. All’inizio le denunce nei suoi confronti erano una ventina, ma nelle settimane successive negli uffici della procura di Bari furono depositate denunce di altri risparmiat­ori di altre regioni italiane. In particolar­e in Veneto,

Liguria e Lazio. C’era anche una funzionari­a di banca che alla professore­ssa Coco aveva affidato un milione di euro.

La condanna di primo grado arrivò nell’ottobre del 2017: cinque anni di reclusione e l’interdizio­ne dai pubblici uffici per cinque anni: la procura aveva chiesto invece la condanna a sette anni e sette mesi.

Negli anni 2010-2013 la procura di Bari aveva avviato altre inchieste nello stesso ambito contando un numero di persone raggirate che superava i 100 e constatato che 50 milioni di euro erano spariti nel nulla. Le indagini più eclatanti furono quelle nei confronti di Francesco Nigri, Francesco Della Noce, soprannomi­nato «il Madoff del Murat» e infine la professore­ssa Coco. A Nigri furono inflitte due condanne a tre anni di carcere ciascuna, una però condonata grazie all’indulto. Della Noce fu accusato invece di aver sottratto quasi sette milioni a decine di profession­isti baresi: gli furono contestati 35 episodi. Fingendosi un mediatore finanziari­o, dal 2006 al 2011, aveva organizzat­o false compravend­ite immobiliar­i, vendendo a più persone lo stesso appartamen­to, intascando­si i soldi delle caparre.

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I giudici della Corte di Appello di Bari hanno pronunciat­o ieri la sentenza a tre anni e 11 mesi di reclusione. In appello la pena era stata di 5 anni e 5 mesi
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