Corriere del Mezzogiorno (Puglia)
LA TERZA FASE DELLE PRIMARIE
Siamo alla terza fase delle primarie. Salutate al loro esordio nel 2005 come «trionfo della democrazia», hanno subito con il tempo un inarrestabile declino, colpite a morte da molteplici fattori usuranti. Ne indichiamo alcuni. Per prima cosa va sottolineato il loro ricorrente uso (e abuso) che ha finito per delegittimare oltre misura le forze politiche, incapaci di assumere qualsivoglia decisione sulle cariche monocratiche e costrette a delegare la scelta sulle candidature ai votanti delle primarie: sempre, anche quando appariva inutile o ridondante. In secondo luogo va sottolineata la permeabilità delle primarie ai condizionamenti esterni, soprattutto alla forza di mobilitazione indotta dal potere economico, condizione favorita dalla mancanza di regole certe sulla platea degli aventi diritto al voto. In pratica dal trionfo della democrazia al trionfo dei soldi: è stata la seconda fase delle primarie, quella degli ultimi anni, con il crollo della loro reputazione e il venir meno della loro forza di legittimazione nei confronti del candidato designato. Ora siamo alla terza fase: quella che considera le primarie un elemento di dissidio anziché di unione. Lo sostengono senza troppi giri di parole i 6 consiglieri regionali di Senso civico e Articolo 1. Con riferimento alle Regionali 2020 hanno chiesto di evitarle o anticiparle il prima possibile per evitare che lascino danni irreparabili nella coalizione di centrosinistra. Le primarie vengono così spogliate dell’ultima aureola che le circondava. Ossia la capacità di diventare, dopo il conflitto politico tra concorrenti, il fattore unificante attorno al candidato premiato dalle urne. All’origine dell’esperienza si diceva che dopo aver visto «scorrere il sangue», la coalizione (di centrosinistra) veniva ricompensata nelle urne dalla mobilitazione politica prodotta nella fase delle primarie e dalla forza unificante derivante dall’aver individuato il candidato con metodo democratico. Neppure questo è più valido. Dicono i sei consiglieri di Senso civico e Articolo 1: la discussione interna, prevedibilmente accesa, rischia di mettere in cattiva luce l’azione del governo regionale uscente. Dunque di mettere a repentaglio la forza della coalizione. Un concetto mal posto, in verità, perché la pluralità di candidati presume sempre la differenza di valutazione sulle scelte di governo. Del resto fu così anche nel novembre 2014 tra l’aspirante candidato Michele Emiliano e gli assessori uscenti Minervini e Stefàno. Le primarie hanno molti difetti e forse il più importante risiede nell’assenza di regole condivise per celebrarle. Ma non si può esorcizzarle, temerle o respingerle per paura delle idee.