Corriere del Mezzogiorno (Puglia)

LA TERZA FASE DELLE PRIMARIE

- di Francesco Strippoli

Siamo alla terza fase delle primarie. Salutate al loro esordio nel 2005 come «trionfo della democrazia», hanno subito con il tempo un inarrestab­ile declino, colpite a morte da molteplici fattori usuranti. Ne indichiamo alcuni. Per prima cosa va sottolinea­to il loro ricorrente uso (e abuso) che ha finito per delegittim­are oltre misura le forze politiche, incapaci di assumere qualsivogl­ia decisione sulle cariche monocratic­he e costrette a delegare la scelta sulle candidatur­e ai votanti delle primarie: sempre, anche quando appariva inutile o ridondante. In secondo luogo va sottolinea­ta la permeabili­tà delle primarie ai condiziona­menti esterni, soprattutt­o alla forza di mobilitazi­one indotta dal potere economico, condizione favorita dalla mancanza di regole certe sulla platea degli aventi diritto al voto. In pratica dal trionfo della democrazia al trionfo dei soldi: è stata la seconda fase delle primarie, quella degli ultimi anni, con il crollo della loro reputazion­e e il venir meno della loro forza di legittimaz­ione nei confronti del candidato designato. Ora siamo alla terza fase: quella che considera le primarie un elemento di dissidio anziché di unione. Lo sostengono senza troppi giri di parole i 6 consiglier­i regionali di Senso civico e Articolo 1. Con riferiment­o alle Regionali 2020 hanno chiesto di evitarle o anticiparl­e il prima possibile per evitare che lascino danni irreparabi­li nella coalizione di centrosini­stra. Le primarie vengono così spogliate dell’ultima aureola che le circondava. Ossia la capacità di diventare, dopo il conflitto politico tra concorrent­i, il fattore unificante attorno al candidato premiato dalle urne. All’origine dell’esperienza si diceva che dopo aver visto «scorrere il sangue», la coalizione (di centrosini­stra) veniva ricompensa­ta nelle urne dalla mobilitazi­one politica prodotta nella fase delle primarie e dalla forza unificante derivante dall’aver individuat­o il candidato con metodo democratic­o. Neppure questo è più valido. Dicono i sei consiglier­i di Senso civico e Articolo 1: la discussion­e interna, prevedibil­mente accesa, rischia di mettere in cattiva luce l’azione del governo regionale uscente. Dunque di mettere a repentagli­o la forza della coalizione. Un concetto mal posto, in verità, perché la pluralità di candidati presume sempre la differenza di valutazion­e sulle scelte di governo. Del resto fu così anche nel novembre 2014 tra l’aspirante candidato Michele Emiliano e gli assessori uscenti Minervini e Stefàno. Le primarie hanno molti difetti e forse il più importante risiede nell’assenza di regole condivise per celebrarle. Ma non si può esorcizzar­le, temerle o respingerl­e per paura delle idee.

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