Corriere del Mezzogiorno (Puglia)
SOLUZIONI NETTE E STOP AI PASTICCI
La vicenda del siderurgico tarantino può essere letta in mille chiavi, ma resta comunque il segno di una crisi di fondo, innanzitutto per il Mezzogiorno, e più in generale per il Paese. Non è una crisi catastrofica, cioè senza uscite, a condizione, però, che se ne comprenda il peso, di pressante impulso al cambiamento. In questo senso, solleva dubbi l’ipotesi, peraltro sempre più velleitaria dopo l’apertura della guerra legale fra le parti, di un accordo con Mittal per ridurre il numero di dipendenti a fronte di un maggiore impegno dello Stato, con la Cassa integrazione guadagni e altre misure, fino alla riduzione del canone di affitto della fabbrica. In tal caso, torneremmo al vecchio metodo di scaricare le perdite sull’economia pubblica, già di fiato corto. Se le ragioni del mercato mettono in scacco le risorse della politica, nazionale e locale, il cambiamento è rinviato; fino a quando? Ovvero, quanto può durare il logoro sistema del “pronto soccorso”?
Potrà durare ben poco, perché l’alternativa lavoro/salute non basta a decidere, e perché lo schema della grande industria divoratrice non regge più.
È invece urgente intraprendere, senza rinvii a lungo termine, una delle due strade che oggi si aprono, entrambe bisognose di investimenti mai sufficienti, se non sono impiegati con rigorosa coerenza agli scopi. Una strada potrebbe essere la conservazione dell’ex Ilva, ma trasformata in un’azienda di avanguardia per tecnologie e per valorizzazione dell’ambiente, a cominciare dall’eliminazione del carbone, magari guardando al non lontano gas che sta per raggiungere tutto il Salento. L’altra soluzione possibile, anch’essa nella prospettiva dello sviluppo, è quella di un adeguato impegno di capitali, anche stranieri, per fermare la ferriera, e trasformare la destinazione dei suoi edifici ancora validi, e di tutto il territorio, liberato dalle polveri e dalla lunga traccia delle malattie mortali.
E il lavoro? La trasformazione in ogni caso è occasione di nuovo lavoro, e nell’imminenza del voto alla Regione del prossimo anno, la Puglia potrebbe interrogarsi e porre le premesse del cambiamento, invece che indugiare ancora su nomi e giochi senza grandi programmi.
L’occasione è preziosa per superare l’eterno pregiudizio dell’utopia, che comunque è un’istanza critica, e per lacerare il velo consunto di una classe politica ancora incerta di fronte alla sfida di crescere, al passo con i problemi della propria terra.