Corriere del Mezzogiorno (Puglia)
Non si tratti l’Acquedotto alla stregua di un’agenzia
Inizi del Novecento (1906, per essere precisi): sta per vedere la luce uno dei gioielli di Puglia e dell’intero Mezzogiorno d’Italia. Il più grande Acquedotto d’Europa. Nel corso di un secolo intero, esiste una storia non comune: infrastrutture fondamentali (per la sitibonda Puglia, Orazio: siticulosae Apuliae ), storie di uomini illustri e meno illustri, il lavoro ed il sudore di tanti.
La Galleria Pavoncelli, le fontanelle pubbliche (a Bari, l’ cap’ d’ fiirr’ ), l’acqua, finalmente. Successivamente, la rete fognaria (come non citare don Araldo Di Crollalanza), gli impianti di depurazione, più recentemente.
Col tempo, l’opera principale (Acquedotto del Sele-Calore) si avvarrà della costruzione di altri acquedotti (Fortore, Pertusillo, Ofanto, Locone) che, attraverso un complesso sistema d’interconnessioni, garantiscano l’attuale approvvigionamento agli abitati serviti. A questi, ai fini dell’approvvigionamento idrico complessivo, si aggiungano i numerosi invasi artificiali (non pochi fuori Regione) e l’approvvigionamento derivante dalla falda sotterranea. Ed ancora, storie di privatizzazioni possibili, di legittima difesa degli interessi pugliesi, della proprietà pubblica dell’ente, pur giuridicamente trasformato in società per azioni.
Qui Bari, qui Regione. A Bari abbiamo, ancor oggi, lo sversamento a mare di liquami, in zone prospicienti il centro della città, in occasione di abbondanti precipitazioni. Analogamente, molte altre zone delle città diventano semi-navigabili, per non dire dei sottopassi di via Quintino Sella e di piazza Luigi di Savoia, per citarne due. Finalmente, dopo anni d’inverosimile inerzia, pare che qualcosa si stia muovendo, quantomeno per ridurre il problema. La cruda attualità. Giorni fa, in quella che sembrava dover essere una normale conferenza stampa, si annuncia (si badi bene : in fase di scadenza della concessione oltre che al termine del mandato dell’Amministrazione regionale, proprietaria dell’Ente), il presidente dell’Acquedotto rende nota «l’intenzione» di procedere all’apertura a soggetti privati di quote di proprietà, con l’obiettivo di incentivare l’attività di ricerca perdite e di risanamento delle perdite ( sic! ).
In definitiva, mi chiedo e chiedo. Esiste una sia pur minima visione strategica riguardo al ruolo che dovrebbe rivestire un (ex?) gioiello della nostra storia regionale e meridionale? L’Acquedotto Pugliese è dunque destinato ad essere trattato alla stregua di una qualsiasi Agenzia regionale (rifiuti, lavoro) i cui ruoli appaiono essenzialmente essere quelli di bypassare i relativi assessorati regionali, per tacer di altro? È possibile sperare di poter tornare a concepire e percepire la Puglia come parte di un unico bacino meridionale, tenendo quindi ben presente l’interconnessione degli schemi idrici esistenti? Qualcuno si è posto il problema dell’Eipli (Ente per lo sviluppo dell’irrigazione e la trasformazione fondiaria in Puglia, Lucania ed Irpinia), perennemente commissariato e sempre in procinto di essere soppresso, che potrebbe, invece, rivestire un ruolo davvero strategico se solo si avesse un minimo di visione e di conoscenza del tema complessivo dell’approvvigionamento idrico?
Al momento, la realtà ci dice che la Regione ed il management acquedottistico si sta preoccupando essenzialmente di individuare nuovi soci privati per attività che l’attuale società dovrebbe certamente poter svolgere tranquillamente in proprio. Credo che l’Acquedotto Pugliese e, soprattutto, i pugliesi meritino prospettive più certe e più dignitose. In questo caso, purtroppo, sembra di assistere a saldi di fine mandato.