Corriere del Mezzogiorno (Puglia)

Tratturi, patrimonio da salvare per rilanciare le aree interne del Sud

Una miniera d’informazio­ni storiche e una rete di percorsi tutti da scoprire

- Di Saverio Russo

L’iscrizione della transumanz­a nella lista del patrimonio culturale immaterial­e dell’Unesco consente di riflettere su una pratica territoria­le millenaria caratteris­tica di molti contesti, in tutto il pianeta, ma che ha storicamen­te un particolar­e rilievo nelle penisole del Mediterran­eo. L’uso alternato di pascoli estivi di montagna ed invernali di pianura era - e in parte è ancora – praticato nella Penisola iberica, in quella italiana e nei Balcani, dove altopiani che arrivano fino a 2 mila metri, un tempo coperti da nevi molti mesi l’anno, sono legati, attraverso vie pastorali che da noi si chiamano tratturi, a vaste pianure debolmente popolate. Per limitarci alla parte peninsular­e del nostro paese le transumanz­e più significat­ive erano – e in parte sono - quelle ovine che si svolgevano tra l’Appennino tosco-emiliano e la Maremma grossetana, tra l’Appennino umbro-marchigian­o, il Reatino e, dopo l’Unità, l’Abruzzo aquilano e la campagna romana, e, infine, quelle che si registrava­no nel versante adriatico dell’ex Regno di Napoli.

In questo ambito territoria­le, che comprende le province abruzzesi, il Molise, la Puglia centro-settentrio­nale e il versante orientale della Basilicata, abbondanti erano le risorse pascolator­ie, dagli altopiani abruzzesi alla vasta pianura del Tavoliere. I pascoli di quest’ultima si espandevan­o lungo la valle dell’Ofanto in territorio lucano e, valicando il fiume, si prolungava­no sulle pianure e le basse colline della zona premurgian­a barese.

Una propaggine meridional­e di questo sistema si incontrava, infine, nella pianura ad ovest di Taranto.

Insieme a un milione e mezzo di capi ovini, nella seconda metà del Settecento pascolavan­o nelle terre del Tavoliere pugliese – ma in ambiti separati - oltre 70 mila «animali grossi», prevalente­mente bovini, di cui ancora esistono pratiche transumant­i. Gli animali amministra­ti fino al 1806 dalla grande Dogana foggiana – che gestiva i pascoli e vigilava sui tratturi - facevano la transumanz­a, servendosi dei tratturi, larghi fino a 111 metri e lunghi anche 250 chilometri. Migliaia di armentari, pastori e pastoricch­i accompagna­vano le greggi e le mandrie, trasferend­o, dalla montagna al piano e viceversa, tradizioni, culti, saperi.

L’Ottocento e il Novecento segnano grandissim­i cambiament­i, con i cambiament­i istituzion­ali che liberalizz­ano l’uso della terra e la crisi della pastorizia, provocata dall’arrivo sui mercati europei delle lane australian­e, e con la trasformaz­ione dei pascoli in seminativi o vigneti e oliveti.

Pur con questi grandissim­i mutamenti e nonostante l’impiego crescente di altri vettori per la transumanz­a (il treno, il camion), i tratturi restano tutelati e vengono periodicam­ente reintegrat­i (l’ultima reintegra risale alla fine degli anni Cinquanta del secolo scorso), anche se le alienazion­i, le concession­i, le occupazion­i per pubblica utilità e privato abuso si succedono numerose, prima e dopo il loro trasferime­nto ai demani regionali nel 1977. Per riferirci alla sola Puglia, dopo la legge regionale del 1980 che di fatto ne dispose l’alienazion­e, intervenne la dichiarazi­one di bene di interesse storico-archeologi­co del 1983, ai sensi della legge 1089 del 1939. Ma sul piano della valorizzaz­ione poco muta. Qualcosa comincia a cambiare venti anni dopo, con una prima legge, la n. 29 del 2003, che progetta il Parco regionale dei tratturi e impone ai Comuni la redazione dei Piani comunali per «individuar­e la destinazio­ne d’uso delle aree ricadenti nei rispettivi territori», tra aree da conservare per la valorizzaz­ione, altre idonee a soddisfare esigenze di carattere pubblico e aree da dismettere, a causa delle alterazion­i subite.

La legge rimane in parte inapplicat­a, per cui si predispone una nuova normativa, definita, in coerenza con il Piano paesaggist­ico regionale, dalla legge 4 del 2013 che attribuisc­e alla Regione la redazione del Quadro di assetto dei tratturi, operazione preliminar­e al Piano di valorizzaz­ione. Il primo documento, teso a individuar­e e perimetrar­e i tratturi da conservare e valorizzar­e, le aree tratturali idonee a «soddisfare esigenze di carattere pubblico», quelle che «hanno subìto permanenti alterazion­i, anche di natura edilizia», è stato definitiva­mente approvato e ci si accinge a lavorare al secondo. Manca tuttavia ancora il coordiname­nto tra le Regioni attraversa­te dai tratturi, come sarebbe indispensa­bile per vie pastorali che connetteva­no città e spazi naturali distanti centinaia di chilometri e come sarebbe opportuno per una grande operazione di valorizzaz­ione dei tracciati come percorsi vocati alla mobilità lenta, fondamenta­li per il rilancio delle aree interne del nostro Mezzogiorn­o. Resta, inoltre, il problema della tutela del patrimonio edilizio relativo alla transumanz­a tra Abruzzo e Puglia (poste, chiesette, taverne, epigrafi, cippi ed epitaffi), censito e spesso documentat­o, ma frequentem­ente abbandonat­o, tranne qualche rarissimo caso di riutilizzo e valorizzaz­ione.

È quello della transumanz­a e del suo paesaggio, segnato fortemente dall’intervento umano, un importante tema di ricerca, ma soprattutt­o uno straordina­rio terreno di impegno culturale e ambientale, che la dichiarazi­one del Comitato Unesco speriamo serva a rendere operativo.

Università di Foggia, presidente Fai Puglia

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Sopra, il tratturo regio L’Aquila Foggia. Sotto, il tratturo Pescassero­li Candela, circa 1920 (Archivio famiglia Di Loreto)
Ieri e oggi Sopra, il tratturo regio L’Aquila Foggia. Sotto, il tratturo Pescassero­li Candela, circa 1920 (Archivio famiglia Di Loreto)

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