Corriere del Mezzogiorno (Puglia)
LE LUCI E I RIFIUTI DI CAPODANNO
Bari è sempre tentata dalla hollywood izzaz ione di tutto. Tutto esaurito, tutto vietato, tutto descritto come il migliore dei mondi possibili. Senza eccedere nel voler spiegare una città che per primi noi giornalisti non abbiamo ben compreso, l’impressione è che da queste parti rischiano di celebrare le nozze coi fichi secchi. La notte della fine dell’anno c’è l’immancabile concertone, che per antonomasia è chiamato a raccogliere eserciti di vacanzieri ansiosi di mescolarsi agli indigeni attorno a un palco, dove suonare e cantare. Gli amministratori pubblici per forza di cose tessono le lodi dell’evento, epocale e maniacale insieme. Raccontano e fanno raccontare di hotel presi d’assalto, poi fate una telefonata al presidente di Federalberghi e vi spiega che «ci sono ancora posti». Raccontano e fanno raccontare di una metropoli meridionale pronta a qualsiasi sacrificio purché sia garantita innanzitutto la sicurezza di chi la frequenta, ma scoprite che nei quartieri assediati dalla movida comprare droga è facile come gustare un pezzo di focaccia. Raccontano e fanno raccontare che nelle aree della performance ludico-musicale sarà impedito circolare con addosso bottiglie di vetro o lattine, ma non riuscirete mai a capire perché circoleranno anche ubriachi fradici, rissosi e, forse, armati.
Evitano di raccontare, invece, che molte sgradevoli conseguenze del turismo sono note soltanto ai residenti, più o meno disposti ad accettarle a seconda delle contropartite. Sono contento se ordinate ai titolari dei locali di abbassare le saracinesche dopo una certa ora così riesco a dormire tranquillo, ma se dalle mie parti continuano a spacciare qualsiasi tipo di sostanza stupefacente perché non puoi appiccicare il cartello closed a una strada o a una piazza, qualcosa non va. Hanno la bocca cucita nel momento in cui scoprono che il «dopo di noi» all’ombra di san Nicola non è il nome del testo di legge per tutelare i diritti dei disabili rimasti privi del sostegno familiare, ma l’immondizia a montagne lasciata da festaioli di qualunque etnia, gli stessi che avrebbero dovuto fare baldoria con le mani in tasca, ricordate? Si tappano addirittura le orecchie pur di non sentire il rumore dei botti, si erano vantati di averli proibiti, eppure continuano a esplodere fragorosi petardi.
La vita deve essere vissuta, non controllata. Ma darci almeno un’occhiata, impedirà di illuminare quello che non c’è o di fotografare quello che non esiste. Perché è difficile raccontare il vuoto, di promesse e di idee.