Corriere del Mezzogiorno (Puglia)

Una villa e tre cani, così passò la nottata

Storia di una vigilia senza i cellulari, quando ci si arrangiava un po’ come veniva

- di Alessio Viola

Sarà stata una vigilia di Natale. Al massimo un ultimo dell’anno, sicurament­e non l’Epifania. Allora non c’erano i cellulari, ti organizzav­i le serate così come veniva. Lanciavi inviti a grappolo e raccogliev­i qualche promessa di partecipaz­ione, soprattutt­o femminile. Poi si sa, il capodanno del barese consiste nel dire sì a tutte le proposte salvo scegliere l’ultima e la migliore.

Il tempo è il culo di gomma delle matite che usiamo per scrivere le storie delle nostre vite. Cancella, corregge, stravolge, modifica. Alla fine rileggere quelle pagine è un esercizio di ginnastica della memoria e di ricostruzi­one mitologica di vite che forse non lasceranno tracce se la gomma avrà fatto bene il suo dovere. Ma nel ricordo sono meraviglia, leggenda, storia grande da raccontare anche se il racconto è quello del controcant­o silenzioso e solitario di chi scende dalla giostra delle feste e finisce pure peggio. Sarà stata una vigilia di Natale. Al massimo un ultimo dell’anno, sicurament­e non l’Epifania, che quella hai voglia ad aspettarla. Era un tempo maledettam­ente sociale, perché non c’erano ancora i social. Tutto avveniva per relazione diretta, prendevi un appuntamen­to parlando con la persona, raccontavi di un posto perché c’eri stato, proponevi un viaggio perché eri curioso e non perché te lo consigliav­a una di quelle guide a pagamento.

E niente. Ti organizzav­i le serate del quotidiano come quelle delle feste, così come veniva, in genere funzionava. Però non c’erano i cellulari, se avevi preso un impegno e non potevi mantenerlo dovevi cercare un telefono, non era sempre facile. Se abitavi dalle parti del faro prima che ci costruisse­ro i palazzoni per chi vuole vedere il mare, e stavi in una vecchia villa uscita da un romanzo di paura con giardino selvatico e muri scrostati e magari stavi pure senza moto o macchina allora organizzar­e una vigilia qualsiasi era impresa titanica. Ma ce la mettevi tutta. Seminavi. Lanciavi inviti a grappolo, singoli e collettivi, e raccogliev­i promesse e certezze di partecipaz­ione, soprattutt­o femminili. Poi si sa, il capodanno del barese consiste nel dire sì a tutte le proposte salvo scegliere l’ultima e la migliore che arriva e mandare bidoni a tutti quelli a cui hai detto sì.

Quella villa vecchia e scrostata andava bene per i pomeriggi d’estate, non per le sere in cui la gente vuole mettersi elegante e fuori dalla clandestin­ità. Non aveva fatto molte spese, diffidava dei troppi sì. Ma insomma lo champagne era in fresco, il salmone e l’insalata russa presi al supermerca­to pure, che altro volevi. Dopo le nove il silenzio era già alto, sussurrava­no i pioppi e tutto il resto, ma non si vedeva anima viva. Decise di arrivare alla fine della strada di fronte al pronto soccorso del Cto, allora molto accorsato tra i politrauma­tizzati, frequentat­issimo in quelle sere di festa. La cabina era illuminata, il telefono no, era stato tagliato e portato via. Gettò un occhio nella piccola folla davanti al pronto soccorso, hai visto mai che trovasse qualche faccia conosciuta. Niente. Rientrò, il cancello della villa cigolò come solo certi cancelli nelle sere di solitudine sanno fare, i suoi cani lo aspettavan­o insofferen­ti agli orari delle feste. Tre cani, frutto di lasciti a vario titolo di frequentat­rici della villa, un’encicloped­ia dei fallimenti sentimenta­li abbaiante e pulciosa.

La mezzanotte si avvicinava minacciosa, la solitudine dominava come un diggei del silenzio, e non aveva ancora bevuto niente. Pose rimedio subito: il nemico più temuto dalla solitudine, il Bushmill, arrivò in soccorso, al punto di convincerl­o a rimanere all’aperto con la trecani. Il whisky irlandese non fa male, ma se non gli dai sostegno può colpirti senza che te lo aspetti. Lo sapeva, si fece generose dosi di insalata russa, in particolar­e di gelatina fredda di frigorifer­o, inghiomman­te come gomma arabica per dare una base al liquore: l’altalena Irlanda Russia continuò fino alla mezzanotte, di cui non si sarebbe accorto senza i tradiziona­li spari scassapall­e. Per fortuna la zona era ancora poco abitata. Lo champagne! Corse in ghiacciaia, per fortuna non era ancora diventato granita. Lo stappò, si sentì strafigo, evitò di piangere per alzare la bottiglia alle bestioline, bevve alla canna. Che è una pessima idea con lo champagne, gli si rovesciò addosso schiumando come un toro infuriato. Lo champagne, non lui. Bagnato si accasciò sull’amaca dei dì di festa: stava fatto a ciuccio riuscì a pensare. Ma bisognava finire la bottiglia, non siamo mica fighetti.

Di colpo capì com’erano morti Hendrix Morrison Joplin. Sentì una cosa orrenda di vomito salirgli verso la gola. Era supino, quella colata ascendente stava occupando tutti gli spazi per respirare, intuiva che doveva alzarsi, ormai aveva passato i 27 anni, non sarebbe nemmeno entrato nel club. Provò a farlo ma riuscì solo a girarsi su un fianco, poi le cagnette furono sommerse da un fiume caldo di insalata russa whisky e champagne shekerato non mescolato, che se lo avesse avuto Kim ci avrebbe fatto un’arma fine di mondo. Dopo la terza colata riuscì a sedersi. Gli spari erano cessati. La testa tentava di fermarsi. Le bestie si erano riprese dallo choc, sapevano come leccarsi a vicenda e pulirsi. Lui no, rimase con addosso tutto quello che gli era colato in quell’inizio di anno. O di Natale, sicurament­e non di Epifania. L’alba si avvicinò livida da manuale, una di quelle foto che ora girano sui social e fanno furore grazie ai filtri, ma quella era senza. Nuvole basse a sfiorare il livello del suo umore. Sapeva che stava iniziando un nuovo anno, o forse stava ancora per finire. E soprattutt­o che aveva bisogno di lavarsi cambiarsi darsi una sistemata. Salì a fatica le scale, non ci provò nemmeno a togliersi qualcosa di dosso. Faceva un cazzo di freddo ma tre coperte si stesero su di lui e sui suoi vestiti che un giorno sarebbero stati lavati. Dormì come se non ci fosse un domani. Che invece era in agguato come al solito. E non avrebbe fatto sconti, c’era da scommetter­ci.

Seminavi. Lanciavi inviti a grappolo e raccogliev­i promesse Poi si sa, il Capodanno del barese consiste nel dire sì a tutte le proposte salvo scegliere l’ultima e la migliore che arriva

Bevve alla canna. Che è una pessima idea con lo champagne, gli si rovesciò addosso schiumando come un toro infuriato. Lo champagne, non lui. Bagnato si accasciò sull’amaca dei dì di festa

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Nel quartiere San Cataldo Zona faro (in alto) in una Bari di qualche tempo fa. Parecchio tempo fa

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