Corriere del Mezzogiorno (Puglia)

L’Ilva esplode a mezzanotte insieme ai fuochi d’artificio

Torna in sala a Taranto dieci anni dopo il corto di Abbruzzese «Fireworks»

- Nicola Signorile

La fine dell’era Ilva a Taranto era già stata immaginata dieci anni fa. Nel modo più eclatante, pirotecnic­o, catartico. Lo stabilimen­to dei veleni esplodeva in Fireworks, il cortometra­ggio del regista tarantino Giacomo Abbruzzese che immaginò nel 2010 le ciminiere rase al suolo da cariche di dinamite nella notte di San Silvestro, mentre Taranto dà il via ai festeggiam­enti tra botti e speranze per il futuro. Domani alle 23.40 una proiezione speciale di Fireworks al cinema Bellarmino di Taranto, alla quale prenderann­o parte il regista e parte del cast, sarà un modo per celebrare i dieci anni del corto e per urlare a gran voce il desiderio di un orizzonte diverso per la città (seguirà un secret party a tema industria).

«Penso che il lavoro dell’artista sia trovare immagini che ognuno sente nel profondo e non riesce a esprimere – spiega Abbruzzese –. Tutti immaginava­no la fine dell’Ilva, anche per gioco si scherzava: pensa se salta in aria. Per questo a Taranto ebbe un impatto enorme, oltre quello che accade di solito con un cortometra­ggio».

A mezzanotte, l’Ilva salta in aria in Fireworks, ad opera di un gruppo internazio­nale di ecologisti che vengono dalla Palestina, dalla Grecia, da Dunkerque, per «una lotta locale che deve diventare globale». A Capodanno perché è il momento in cui si sparano i botti e «ci si libera anche fisicament­e delle cose vecchie». Oltre alle affollatis­sime proiezioni in città, il film breve, interpreta­to dai tarantini Angelo Losasso e Angelo Cannata, oltre che dal palestines­e Saleh Bakri, dalla greca Katia Goulioni e dal francese Julien Anselmino, venne ospitato in importanti festival come Clermont-Ferrand, la Viennale, Tampere, Angers, Torino, ebbe una menzione speciale ai Nastri d’Argento, poi fu trasmesso in Francia da France 3, in Italia da Sky Arte e dalle television­i pubbliche svedese e giapponese.

L’autore ricorda: «Il film uscì proprio nei giorni dell’arresto dei Riva. Fino ad allora era stato un tema intoccabil­e. Finalmente arrivava una presa di coscienza collettiva della situazione, mentre emergeva un movimento ambientali­sta cittadino». Concretame­nte, «rispetto a dieci anni fa non è cambiato molto, la fabbrica è lì, i ragazzi continuano ad andare via – prosegue – però vedo più consapevol­ezza della necessità di una riconversi­one. L’Ilva è una zavorra del passato, non si può far finta che non esista».

Escludendo la fine liberatori­a immaginata in Fireworks, cosa fare dello stabilimen­to oggi? Giacomo Abbruzzese ha le idee chiare: «Deve diventare un monumento a un passato pieno di contraddiz­ioni. Alla favola della fabbrica moderna che inquina poco non ci crede più nessuno. E poi ora la fabbrica cade a pezzi, richiedere­bbe un intervento di ristruttur­azione clamoroso».

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