Corriere del Mezzogiorno (Puglia)
Tra i Sassi nasce il Tam una torre per il contemporaneo
In primavera l’apertura: ospiti la crew Canemorto, lo Studio Antani e dagli Usa il writer Momo
B&b o centro di arte contemporanea? Difficile scegliere in tempi in cui la prima opzione assicura entrate certe, soprattutto in un contesto, il Sasso Caveoso, di sicura attrattiva turistica. E, invece, sfidando un futuro nebuloso ma sostenuto da un equilibrato mix di utopia e intraprendenza imprenditoriale, Mauro Acito, Dario Colacicco, Rita Padula, Silvia Parentini, Debora Russo e Chiara Valzer, Alessandro Simili, un gruppo di under trenta, ha optato per la seconda alternativa.
Nasce così il nuovo Tam, acronimo di Tower Art Museum, nome che traduce letteralmente forma e funzione dell’avita costruzione di prossima apertura nel cuore dei Sassi. Torre Capone, infatti, palinsesto architettonico di difficile lettura, è inscritto nella cerchia muraria, sorge intorno all’anno Mille e subisce alterne fortune fino a un definitivo abbandono e degrado conclusosi il 2017, quando inizia un disboscamento dell’area e un restauro orientato alla sua trasformazione in museo.
Aprirà in primavera, in data ancora da definire, ospitando la crew Canemorto, operante tra l’Italia e il Belgio, l’artista statunitense Momo e Studio Antani, che si occupa di produzione multimediale con base a Matera ma con progetti sviluppati in tutta Europa. Il Tam, peraltro, non casuale ribaltamento di Mat, cioè Matera, segna dunque l’inizio di un nuovo corso per la città con una struttura finanziata e promossa da un soggetto privato senza aiuti pubblici e, pertanto, in controtendenza rispetto a quanto avvenuto in passato.
Al programma espositivo, in un contenitore completamente restaurato, si arriva però dopo un lungo processo che vale la pena di essere raccontato, come del resto hanno già fatto i protagonisti, traducendo i vari step dell’iniziativa in una documentazione digitale, una piattaforma web (www.volevosoloaprireunmuseo) con i passaggi principali di un’avventura tra le secche di una burocrazia inestricabile.
Anche con l’ausilio dei social network, YouTube, Instagram e con i canali di @volevosoloaprireunmuseo, si condivide un processo complesso, per niente scontato per mettere in luce oggettivi intoppi ma soprattutto per presentare contenuti economicamente sostenibili e di lunga gittata per un museo di arte contemporanea privato. Non da ultimo, poi, l’operazione si configura come un virtuoso esempio di impresa culturale con il valore aggiunto di stare a Sud e di essere sostenuta da giovani. Sulla spinta, non ancora del tutto sopita dell’effervescente anno da Capitale Europea della Cultura, Matera promette di capitalizzare l’onda lunga di un’attenzione internazionale e di un ritrovato ottimismo tra le forze locali.
Del programma a oggi sono noti soli i primi nomi ma è già palese la politica culturale del neonato museo che intende produrre mostre relazionate solo al contesto della Torre, quindi assolutamente site specific e, possibilmente, riferite a materiali e a tecniche tipiche del territorio. Su questa traccia si muoverà Momo, artista con una lunga frequentazione in spazi pubblici, nato a San Francisco nel 1974, e con al suo attivo interventi urbani di grande impatto come il murale tra i ponti di Brooklyn e Manhattan, a Dumbo, o quello per la loggia della John Hancock Tower di Boston. Per suo conto, la crew Canemorto, dal nome dell’edificio abbandonato nella serie televisiva «Twin Peack», è formata da tre artisti attivi dal 2007 con una cifra stilistica ispirata a un primitivismo da Art Brut con innesti provenienti dai cartoni animati e dalle sottoculture giovanili. Con sferzate cromatiche e con grottesche figurazioni, sempre devoto a una fede da outsider, come prescrivono i dettami più autentici della street art, Canemorto si è concentrato con brutali deformazioni in un racconto antiestetico del nostro tempo.
Chiude questo primo appuntamento, lo Studio Antani già distintosi per «La Corsa dei poveri Cristi», manifestazione podistica ironicamente rivolta a sublimare, socializzare e superare ogni condizione di emarginazione e disagio. Tutti pronti a portare nuove croci.