Corriere del Mezzogiorno (Puglia)
CINQUE GIORNATE PER FARE LA PACE
Scuoterà le coscienze l’incontro dei vescovi cattolici dei venti Paesi del Mediterraneo promosso a Bari dalla Conferenza episcopale italiana. Cinque giorni, dal 19 al 23 febbraio prossimi, potrebbero fare la differenza in uno scenario geopolitico carico di tensioni e denso di problemi. L’idea è buona, il tema Mediterraneo, frontiera di pace anche, la partita difficile. Non impossibile. Il Mediterraneo in questo momento è un crogiolo di mille contraddizioni, il cui comune denominatore è l’eccessiva disuguaglianza e la mancanza reale di una prospettiva futura. La sponda sud del bacino è percorsa da perenne instabilità, violenze, guerre, pressione demografica, ma anche da inconfessabili appetiti economici, di potere e di influenze. La sponda nord, invece, è appesantita, invecchiata, arroccata nel benessere e chiusa alle istanze dei popoli. Si è affievolito quello slancio ideale a costruire un destino comune per i popoli dell’area. Prevale la divisione, il distinguo, la conservazione di rendite di posizione.
Cosa possono le Chiese in questo scenario? Forse poco se prese singolarmente, se soppesate con i numeri dei loro fedeli, ma insieme, rafforzate dal magistero del Papa, molto. È questa la vera scommessa dell’incontro di Bari. Dopo quello delle Chiese del Medio Oriente di due anni fa, il nuovo appuntamento allarga la prospettiva nella consapevolezza che, se «la crisi del Mediterraneo è di pane non spezzato equamente», come dice il cardinale Gualtiero Bassetti, presidente della Cei, allora la comunione tra i cristiani può essere testimonianza di un nuovo modo di essere dei popoli e della loro convivenza. È il presupposto – e la speranza – per la creazione di una visione condivisa dei problemi e delle sfide, basata sulla certezza che la pace non è mai una condizione acquisita una volta per tutte, ma un processo dinamico che si costruisce nelle coscienze giorno per giorno. Il contributo di Papa Francesco, che sarà a Bari tra un mese esatto a conclusione dei lavori, non potrà che rafforzare gli impegni dei vescovi e affidare alla Chiesa, a partire da quella di Bari, l’onere di perseguire nella costruzione della pace, come era desiderio di don Tonino, in concreto.
Per il capoluogo pugliese, invece, potrebbe essere un’occasione per assumere, nel processo di pace del Mediterraneo, un ruolo di primo piano a livello culturale e politico, ma anche il luogo di un’iniziativa europea. La città ha i mezzi, a partire dalle università e dall’Istituto teologico ecumenico, e il background. Occorre la volontà e una visione allargata al futuro.