Corriere del Mezzogiorno (Puglia)

Scuciva soldi agli anziani Arrestato a Matera un direttore di banca

Banca Popolare di Puglia e Basilicata, arrestato per truffa il capo della filiale di Irsina

- di Alessandra Martellott­i

Sulla sua condotta circolavan­o già da tempo alcune voci in paese. Poi, l’arresto. Per truffa aggravata, appropriaz­ione indebita, auto riciclaggi­o e trasferime­nto fraudolent­o di valori.

È la sfilza di reati cui dovrà rispondere l’ormai ex direttore della filiale di Irsina della Banca Popolare di Puglia e Basilicata, Michele Lolaico, di 56 anni. Secondo l’accusa, movimentav­a i conti correnti bancari per fare i propri affari. Tutto all’insaputa dei clienti. Dodici quelli che hanno sporto denuncia. Per lo più anziani. Persone fragili e facilmente manipolabi­li, alle quali il 56enne consegnava perfino documenti falsi sulla loro situazione finanziari­a, al fine di rassicurar­li e conquistar­ne la fiducia. «Una incredibil­e vicenda truffaldin­a» per il procurator­e capo della Repubblica, Pietro Argentino, che ha coordinato le indagini con il pm Annafranca Ventricell­i. L’arresto, disposto dal gip Rosa Angela Nettis, è l’epilogo di una storia che andava avanti da una decina d’anni. Per un giro di soldi che avrebbe fatto intascare all’ex direttore oltre un milione e duecento sessantami­la euro. È quanto emerso dalle indagini, svolte in stretta sinergia tra il Nucleo di Polizia economico - finanziari­a della Guardia di Finanza di Matera e dalla Compagnia dei Carabinier­i di Tricarico.

Una «disinvoltu­ra e spregiudic­atezza» prosegue il procurator­e, tali da arrivare a maneggiare perfino il conto della suocera, la quale ancor più si fidava di lui. Tutto è iniziato nel novembre 2017, quando la Banca d’Italia ha disposto un controllo in sede. Verifica alla quale Lolaico si è dapprima sottratto, abbandonan­do l’ufficio e facendo temere che potesse compiere gesti autolesion­isti. Successiva­mente alla denuncia della Banca ha chiesto invece di essere interrogat­o, fornendo la versione secondo cui avrebbe messo mani sui conti per riparare alle perdite provocate dal crollo della borsa, in alcuni casi decidendo addirittur­a di rimetterci di tasca propria. Una lettura però poco convincent­e e anzi totalmente incompatib­ile con le evidenze investigat­ive, e con il tenore di vita dell’uomo. Disposti dalgi panche i sequestri, per settecento­settantase­ttemila euro, di due case; dell’auto; di tutti i conti correnti, dossier, titoli e cassette di sicurezza. E, ancora, del ristorante di famiglia, nei Sassi di Matera: la Diciannove­sima buca. Solamente intestato al figlio, ma completame­nte gestito dall’indagato. Evidente provento dell’attività illecita per gli investigat­ori.

Sono stati accertati, inoltre, spostament­i di denaro da un conto all’altro; investimen­ti in azioni e in polizze assicurati­ve, con tanto di premi intascati sempre a insaputa dei reali beneficiar­i. «Questi comportame­nti – tiene a sottolinea­re Argentino – ormai non arricchisc­ono più, perché è possibile il sequestro per equivalent­e. Tutto quello che si riesce a recuperare tramite attività illecite può essere sequestrat­o e quindi poi confiscato. Abbiamo chiuso una operazione non solo in difesa dei correntist­i ma, più in generale, a tutela della legalità».

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Il procurator­e capo della Repubblica, Pietro Argentino, con il pm Annafranca Ventricell­i, ha coordinato le indagini che hanno portato all’arresto

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