Corriere del Mezzogiorno (Puglia)
«Mine vaganti» non delude nel passaggio al palcoscenico Ozpetek diverte e coinvolge
Lo spettacolo di Ozpetek, molto aderente al film, diverte e coinvolge il pubblico
Ferzan Ozpetek è uno dei registi più amati e seguiti dal pubblico del nostro cinema. Un autore che può contare su numerosissimi fans, come si poteva constatare tra gli spettatori di ogni età che riempivano il Piccinni per il suo Mine vaganti, adattamento per il teatro di un successo pluripremiato di circa dieci anni fa, che sarà in replica ancora questa sera alle ore 18 prima di trasferirsi – per domani e dopodomani alle 21 – all’Apollo di Lecce. La storia è nota e ruota intorno alla difficoltà di dichiararsi gay di due fratelli, figli in una delle famiglie più in vista di un paesino di provincia e – soprattutto – prole di un padre omofobo e terrorizzato dal giudizio degli altri, che, allo svelarsi del più grande, stramazza al suolo preda di un coccolone. Dopo varie peripezie, che vedranno a turno protagonisti gli altri componenti della famiglia, vincerà l’amore e il rispetto reciproci. Anche grazie al personaggio più imprevedibile, una nonna senza pregiudizi che sa guardare lontano e non esita a terremotare ogni certezza, appunto una mina vagante.
Ozpetek non è nuovo a solcare palcoscenici ma il suo interesse è stato rivolto perlopiù alla lirica dirigendo una Aida per il Maggio Fiorentino e La Traviata al San Carlo e al Petruzzelli. Ora guarda alla prosa adattando uno dei suoi film più apprezzati con un occhio - o forse più - al suo cinema. Infatti la drammaturgia di Mine vaganti è molto debitrice alla sceneggiatura originale, firmata a suo tempo con Ivan Cotroneo, non solo per delineare la trama o le situazioni ma anche negli stessi dialoghi, nelle battute che il pubblico non solo ricordava ma spesso anticipava in simbiosi con gli interpreti. Certo qualcosa è cambiato come l’ambientazione, passata dal Salento – ritenuto molto più avanti nei costumi per reggere ancora la vicenda - ad un paesino del napoletano, ed il finale di più spiccato ritmo teatrale. E il regista sa bene come utilizzare le specificità del linguaggio con cui ha a che fare con un lavoro certo di taglio cinematografico ma anche molto attento alle esigenze della scena. Così, ad esempio, ricorre ad idee semplici ma ben gestite che si rivelano di grande efficacia, come quella di rendere partecipi gli spettatori della vicenda nel continuo interloquire degli interpreti con la platea che funge da piazza del paese.
Due ore scorrono piacevolmente e senza un attimo di stanca, anche grazie ad un cast che unisce bravura e simpatia con un Francesco Pannofino che detta la carica a figure che vivono di tenerezza e smarrimento, che sanno coniugare il lato buffo e quello quasi - tragico della vita. Ozpetek si augurava che Mine vaganti fosse uno spettacolo in grado di bandire la noia. Missione compiuta e – visti i tempi e ciò che passa il convento – non è poco.