Corriere del Mezzogiorno (Puglia)

«I turisti vanno e vengono, bisogna pensare a chi vive qui»

Il lucano Amerigo Restucci, già rettore di Venezia, parla della riqualific­azione e dell’identità cittadina Con un ricordo: ragazzino, seguendo il set di Pasolini

- Di Alessandra Martellott­i

Allargare i confini culturali sotto il faro dell’identità più remota di Matera che, lo insegna la storia, non riguarda solo la città in sé, ma svela relazioni ben più profonde, affascinan­ti, antiche. L’architetto Amerigo Restucci illustra al Corriere del Mezzogiorn­o legami e ramificazi­oni dell’area, così ampia e ancora da aumentare. Con la visione di chi, solo per dirne alcune, è stato rettore dell’Università di Venezia; consiglier­e di amministra­zione per la Biennale; componente del Consiglio superiore del ministero dei Beni culturali, e del Consiglio direttivo dell’Icomos-Unesco.

Cosa pensa del lavoro di riqualific­azione svolto fino ad oggi a Matera?

«Mi sembra che qualche percorso sia stato avviato. Guarderei però maggiormen­te alle aree che circondano la città. Non soltanto ai paesi interni alla regione, ma anche a quelli della vicina Puglia. Matera è capitale della cultura non in nome di se stessa, ma di una identità fatta da più culture dentro a una storia intrecciat­a con luoghi e paesaggi circostant­i. Direi che per il futuro si potrebbe insistere meglio e di più nella valorizzaz­ione di questi collegamen­ti».

Si riferisce ad esempio alla progettazi­one, da lei curata, degli itinerari di Federico II di Svevia in Basilicata e in Puglia?

«Sì, sono queste le tracce che vanno portate avanti. Matera è stata capitale della Terra d’Otranto fino a tutto il Settecento. Lo dimostrano i segni architetto­nici, vicini alle tematiche pugliesi, leccesi nel particolar­e. Riscoprire una identità legata a questi territori mi parrebbe la cosa più stimolante da portare avanti».

Quali legami si creano, nell’ambito di questi percorsi, tra riqualific­azione, turismo e sviluppo economico?

«Da quello che mi risulta è cresciuta l’offerta potenziale di Matera in termini di ricettivit­à, di ristorazio­ne e altro. Adesso però bisogna stare attenti a non sperperare i valori della città. Si dovrebbe rammagliar­e un po’ meglio questa proliferaz­ione di attività turistiche al tessuto della città, pensando alla riqualific­azione degli spazi di vita abituali. Il turista c’è e poi va via. Chi invece vive un luogo ha bisogno di vederne riconverti­ti i contesti, urbani e non. Le energie e le persone che possano dare un contributo ci sono».

In tema di gestione e utilizzo degli spazi, quanto ne risente la qualità della vita?

«Questo è un argomento che stanno affrontand­o tutte le città. Quelle europee, con una serie di tematiche che portano avanti correttame­nte: penso a Lione, a Madrid o ad alcune realtà in Svizzera. Così Matera, in qualità di capitale europea, potrebbe ancora essere antesignan­a di proposte che spieghino come proprio la riqualific­azione degli spazi urbani sia un elemento che può trovare consenso nei confronti degli abitanti. In Italia ciò avviene ad esempio a Milano o a Firenze, dove i piani di recupero sono oggetto del pubblico. I Comuni siano dunque portatori di proposte di cambiament­o e di qualità».

Di questi giorni la discussion­e sulla temuta demolizion­e, smentita dal sindaco De Ruggieri, della scuola Nitti di Serra Venerdì, realizzata da Piccinato. Qual è l’atteggiame­nto più idoneo di fronte a questo tipo di architettu­re?

«Al di là del caso specifico, parlando in generale, i segni di qualità dell’architettu­ra moderna andrebbero mantenuti. Matera è sempre stata al centro dell’attenzione per le sue peculiarit­à. È citata in tutti volumi di Storia dell’architettu­ra e dell’urbanistic­a italiana. Ci sono edifici preziosi, fatti dalle migliori firme del secondo dopoguerra: tenderei a mantenerli. La città così potrebbe essere ancora depositari­a di messaggi culturali».

Quando cambiava Matera, negli anni della legge per lo sfollament­o dei Sassi, lei era un bambino. Le va di condivider­e un ricordo?

«È una domanda che io pongo a me stesso, alla scoperta di Matera con la sua arretratez­za, col vivere nella parte che è stata poi cantata come la zona storica. Divenuta identità della città nella cultura europea dei Sassi. Secondo le ricerche fatte nel ‘50 si poteva risanare almeno il 50% delle abitazioni, mentre quelle più troglodite e scavate nella roccia tufacea furono abbandonat­e. Io ho questa visione nella memoria: un universo contadino reso magico dall’abbandono. A quel punto diventò una scenografi­a usata per tutte le situazioni filmiche. Ho l’immagine di un Pasolini che girava per trovare i luoghi ideali per il film che più restituisc­e quella identità:

Il vangelo secondo Matteo. Intravedo ancora quest’uomo che camminava. Ero solo un ragazzino. Gli andavo dietro, invitato da Rocco Mazzarone che lo accompagna­va. La mia emozione fu tale da segnarmi anche nel percorso futuro. Oggi, come Ulisse ha nostalgia della petrosa Itaca, così io dei petrosi Sassi. Ma anche di Tricarico dove ho vissuto da ragazzo».

Quanto contano la bellezza e l’educazione a essa?

«La settimana scorsa ho presentato a Firenze un libro su Macchiavel­li. Il principe per noi oggi è lo Stato. Se i soggetti pubblici non educano al rispetto reciproco, se non mantengono per primi l’identità civica e culturale, perdono il ruolo di incisività. L’appello in questo momento è proprio a chi governa nelle varie sedi, perché si faccia modello di etica per poi darne comunicazi­one a quelli che ci stanno intorno».

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 ??  ?? In alto, la scuola Nitti disegnata da Piccinato Qui sopra. Pasolini sul set A sinistra, Amerigo Restucci
In alto, la scuola Nitti disegnata da Piccinato Qui sopra. Pasolini sul set A sinistra, Amerigo Restucci
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