Corriere del Mezzogiorno (Puglia)
L’EPIDEMIA CINESE COME IL COLERA
Il coronavirus monopolizza (comprensibilmente) l’informazione. A spaventare non sono tanto le centinaia di morti e le migliaia di contagiati quanto il fatto che in un mondo globalizzato, dove trasporti e scambi annullano le distanze, la Cina è vicina come recitava un film di Marco Bellocchio.
Non meraviglia, quindi, che pochi ricordino il colera che nel 1973 uccise otto persone a Bari ed una dozzina a Napoli. Allora, per fortuna, l’epidemia del vibrione venne rapidamente circoscritta grazie anche al vaccino che gli americani della base Nato di Napoli offrirono subito alle popolazioni. Il colpevole, o meglio il fattore primo, venne subito individuato nelle cozze che, ora come allora, venivano mangiate crude. Il moltiplicatore era, invece, nei pozzi neri e nella scarsa pulizia di Bari. Dopo un primo momento di incredulità, si diffuse il panico. Ci fu chi indicò nel limone il farmaco salvavita; in poche ore non c‘era più un limone in tutta Bari ed i più furbi battevano la provincia per accumulare preziose scorte. Si svuotarono anche gli scaffali di una bevanda molto pubblicizzata – il Lime dei Caraibi – consigliata anch’essa come medicina. La paura si diffuse a Bari con rapidità impressionante: i cinema erano chiusi, i ristoranti languivano, la città vecchia era off limits. Deserti erano persino i funerali, anche quelli di chi era morto per un incidente stradale. Inascoltate erano le dichiarazioni dei medici che cercavano di spiegare come il contagio non avvenisse per via aerea. Passata la paura, si tornò per fortuna a sorridere.
Allora era la paura a segnare la città. Ieri (come oggi) le strade del pericolo e quelle della paura si rivelavano indipendenti. Anche oggi la gente ha una grande paura, anche se gli epidemiologi sottolineano come in Italia il rischio di contagio sia molto basso. La verità è che ad accrescere la paura della malattia contribuiscono la paura per lo straniero o per chi è diverso e la paura per un futuro che non si annuncia benevolo. O la paura per una criminalità che è percepita in costante ed esponenziale aumento, anche se i dati Istat dicono il contrario. Non è il pericolo ad alimentare la paura, quanto la paura stessa.
L’epidemia della xylella che ha devastato, incontrastata, le campagne e l’economia pugliesi venne all’inizio attribuita a degli untori in camice bianco. Tesi fantasiosa a cui aderirono persino il governo pugliese ed alcuni magistrati. La paura paralizza la ragione e genera mostri.