Corriere del Mezzogiorno (Puglia)

Scambiato per il familiare, scagionato e condannato

Ivan Petrelli è stato accusato di lesioni e sequestro di persona

- Tadicini

L’accusa è sequestro di persona e lesioni. Ivan Petrelli è stato condannato a 11 anni dal tribunale di Lecce dopo che in un primo momento il Riesame lo aveva scagionato da ogni responsabi­lità. «Mi hanno scambiato per mio fratello», sostiene. Il motivo che gli era valso la momentanea libertà.

Undici testimoni e consulenze tecniche a suo favore, oltre alla pronuncia del Riesame che lo aveva da poco rimesso in libertà, non sono bastati per convincere la Corte d’Assise della sua innocenza. Né che lui sia stato scambiato per il fratello - con il quale all’epoca vi era una forte somiglianz­a - e neppure che a quel pestaggio in campagna non era presente, perché altrove.

Per Ivan Petrelli, quarantadu­enne di Carmiano, l’udienza di ieri nel Palazzo di Giustizia di Lecce avrebbe potuto rappresent­are l’uscita definitiva da un «incubo giudiziari­o», ma così non è stato. Le aspettativ­e erano alte, anche alla luce della recente scarcerazi­one disposta dal Riesame perché gli indizi di colpevolez­za a suo carico erano fortemente ridimensio­nati, ma i giudici della Corte d’Assise lo hanno condannato per quegli stessi fatti ad undici anni di reclusione. La stessa pena è stata emessa nei confronti di altri cinque coimputati, tutti di Carmiano.

La vicenda riguarda un pestaggio avvenuto la sera del 10 settembre 2018 nelle campagne del comune salentino, ai danni di due carmianies­i sospettati di essere gli autori del furto nella casa del padre di uno degli imputati, che sfociò il 16 ottobre successivo con l’emissione di sei ordinanze di custodia cautelare, con le accuse di sequestro di persona a scopo estorsivo e lesioni personali aggravate.

In carcere finì così anche Ivan Petrelli, ma soltanto perché fortemente somigliant­e col fratello Mimmo, che invece sarebbe stato effettivam­ente presente a quella spedizio ne punitiva: per sua stessa ammissione (si autodenunc­iò e, per questo motivo, è indagato a piede libero), per le dichiarazi­oni spontanee degli altri cinque arrestati ed anche per la testimonia­nza della moglie di una delle vittime, che negò la presenza del quarantadu­enne quando il gruppetto dei violenti si presentò in casa, per prelevare il marito e l’amico e chiedere loro - a suon di botte - 8.000 euro quale indennizzo del presunto furto compiuto.

Durante l’interrogat­orio di garanzia, Ivan Petrelli si avvalse della facoltà di non rispondere. E quando mesi dopo decise di professare la sua innocenza (quel giorno era altrove, in compagnia di altre persone, come confermato anche dalle perizie sui gps di auto e cellulare) fu pertanto ritenuto «inattendib­ile» dai giudici della Corte d’Assise, che ieri lo hanno infine condannato, non credendo ad una sfilza di testimoni ed alle stesse risultanze della perizia eseguita dalla procura sul cellulare del carmianese, secondo la quale l’uomo si trovava da tutt’altra parte e non da solo. Tra 60 giorni le motivazion­i della sentenza.

«È come vivere con un nodo alla gola – racconta Ivan Petrelli, che oggi sta provando a ricostruir­si una vita avviando un fast-food ambulante – riesco ad andare avanti soltanto grazie a mia moglie e a mia figlia. Fino a poco tempo fa non credevo che un innocente potesse andare in carcere: se i giudici non mi credono, come fanno a non credere alle perizie sui cellulari ed ai testimoni? Se così fosse dovrebbero denunciare tutti i testi per falsa testimonia­nza».

Ivan Petrelli, assistito dagli avvocati Paolo Spalluto ed Arturo Balzani, dallo scorso 9 gennaio è tornato ad essere un uomo libero.

La vicenda che lo ha coinvolto, tuttavia, ha inevitabil­mente influito sulla sua vita e sulla sua rispettabi­lità: «Da maestro di karate ed istruttore di arti marziali ho sempre detto ai miei allievi di non usare la violenza in un contesto esterno, ora mi accusano di avere picchiato due uomini: con che coraggio potrò guardarli in faccia? Oggi vivo con la paura. La paura di tornare in carcere perché qualcuno mi accusa di qualcosa che non ho fatto: sono deluso, non ho più fiducia nella giustizia italiana. Sarà difficile convincere mia figlia a continuare ad averne».

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Nella foto l’istruttore salentino di arti marziali, Ivan Petrelli, con il fratello Mimmo
Chi sono Nella foto l’istruttore salentino di arti marziali, Ivan Petrelli, con il fratello Mimmo

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