Corriere del Mezzogiorno (Puglia)
A CHI TOCCA PAGARE IL CONTO
Il conto lo paga chi mangia, anche perché i cattivi chef ormai sono stati cacciati e arrestati. Il papocchio della Popolare di Bari per il momento lascia sul terreno una platea silenziosa quanto frastornata: sono i tremila dipendenti del principale gruppo di credito del Mezzogiorno, indicati al pubblico ludibrio per il solo fatto di avere lavorato al soldo della famiglia Jacobini. Quando c’erano profitti da distribuire e non perdite da assegnare, erano i buoni. Ma con i tempi che corrono, non si salva nessuno: li additano come i cattivi della Terra, quelli che tutti accusano di aver portato la Cassa più blasonata della città sulla soglia della bancarotta. Saranno i primi a finire sotto la scure dei due commissari straordinari nominati da Bankitalia, che entro il mese di marzo dovranno presentare il nuovo piano industriale destinato a versare lacrime e sangue dei salariati.
Le voci di dentro che in queste ore si rincorrono come quelle legate all’inchiesta penale, raccontano che di novecento stipendiati potrebbero perdersi le tracce: li vedremo uscire il venerdì per non tornare più il lunedì successivo. Saranno le prime vittime della congiunzione viziosa fra credito e consumi, tra finanza ed economia, della chiusura di un’ottantina dei trecento sportelli disseminati in mezza Italia. Si rassegneranno a girarsi i pollici o a lavorare per una frazione dei vecchi guadagni. Il sentimento che si diffonderà sarà quello della fine di un’epoca. Perché un’altra possa cominciare, nel segno di un capitalismo responsabile, governato da adulti responsabili, non da anziani signori che fino a una manciata di mesi addietro incitavano gli azionisti a fare «un applauso a questa azienda» e ad indicare, come terapia per la sregolatezza, ancora più sregolatezza, più benzina per spegnere le fiamme.
Tutto questo accadeva senza che qualcuno si alzasse per sollevare il benché minimo dubbio o sospetto. A cominciare dalle organizzazioni sindacali, spettatrici del disastro. Come se i licenziamenti fossero inevitabili effetti collaterali. Sono gli stessi rappresentanti dei lavoratori che non prendono in considerazione l’eventualità di costituirsi come parti civili nel processo contro Jacobini & C., secondo il suggerimento (inascoltato) di quanti continuano a sgobbare perché la barca Bpb non affondi. Nel frattempo, alla fine degli esercizi per incantare i serpenti, c’è già una sentenza di condanna: quella emessa dai clienti in fuga che neppure il più abile degli illusionisti farebbe ritornare indietro. Per ora, almeno.