Corriere del Mezzogiorno (Puglia)
NON È UNA PUGLIA PER MILLENNIAL
Ignorati dall’agenda elettorale
Hai salutato Marco? Domani va in Germania, gli hanno offerto un lavoro, si trasferisce lì. Ricordi Angela? Le hanno fatto un contratto, un’azienda in Ungheria. E lei ha accettato, che deve fare qui?
Sotto lo sguardo inebetito della “Puglia migliore”, sotto il naso di uno dei brand più attraenti dell’Adriatico, si sta consumando un’ondata migratoria tra le più consistenti e silenziose degli ultimi decenni. Consistenti, perché i dati (Istat) raccontano di diecimila giovani (laureati e no, sotto i trenta) che ogni anno lasciano la Puglia in cerca di lavoro, indipendenza e dignità. Silenziose, come l’emigrazione post bellica che riversò metà Mezzogiorno oltre la linea del Po, uno tsunami che riscrisse la storia del Paese sotto l’indifferenza di tutti («Nessuno di noi capì che l’Italia stava compiendo una rivoluzione. Se siamo diventati ciò che siamo, lo dobbiamo a quei viaggi della fame» scrisse Giorgio Bocca).
In una conversazione pubblica (intervistato da Annalena Benini per la trasmissione Rai Romanzo italiano) lo scrittore Mario Desiati ha fornito, di questo fenomeno, la definizione più intelligente e realistica espressa finora. «Siamo nella fase del rinculo. La Puglia ha fatto un grande botto, come tutti i fucili che hanno esploso un colpo adesso è nella fase del rinculo». Cioè ci stiamo perdendo anche i
millennial, perché ad andarsene non sono più solo i cinquantenni lasciati a casa dalle aziende che hanno delocalizzato altrove ma anche chi finita l’università – in diversi anche prima di cominciarla – intuisce che qui l’attesa potrebbe essere lunga, forse infinita. Tanto vale andarsene, al Nord. Anzi, in un altro Paese. Come hanno fatto le centinaia di laureati in scienze infermieristiche che hanno trovato lavoro in Germania. Come gli ingegneri informatici e industriali sparsi tra Ungheria, Romania e Turchia. Come stanno facendo agronomi e chimici, che dopo aver ricevuto una preparazione accurata (dalle università pugliesi) scelgono «di farsi assumere da aziende dell’Est, anziché stare qui a morire».
Non è dato sapere se nell’agenda del futuro governatore della Puglia, oltre ai selfie con chi aspetta le case popolari, alle promesse di allungamento delle varie piste aeroportuali e all’edilizia infrastrutturale che da normalità diventa concessione straordinaria, l’esodo dei giovani dalla “Puglia migliore” troverà un qualche posto. Quel che è dato sapere è che le loro partenze avvengono senza proclami, se ne vanno e basta. Ieri come oggi, si parte ancora per la stessa ragione. E, molto spesso, senza nemmeno salutare.