Corriere del Mezzogiorno (Puglia)

LA CHIESA E L’UMANESIMO DEI SAPERI L’AMBIENTE SI ERGE A SNODO CRUCIALE

- Claudio De Vincenti

Èdi ieri l’annuncio che il 24 maggio, nel quinto anniversar­io dell’enciclica Laudato si’,

Papa Bergoglio visiterà la Terra dei Fuochi, mentre proprio in questi giorni Bari si prepara a ospitare il 23 febbraio la sua visita in occasione della riunione dei vescovi dei Paesi del Mediterran­eo. Tra queste due date, l’incontro di fine marzo del Pontefice ad Assisi con duemila giovani economisti, imprendito­ri e imprenditr­ici su «L’economia di Francesco». Difficile non riconoscer­e in questi appuntamen­ti una rinnovata attenzione della Chiesa, sulle orme di Giovanni XXIII, verso i «segni dei tempi»: in questo caso verso la questione ambientale, il Mezzogiorn­o, la nuova centralità del Mediterran­eo nello scenario internazio­nale.

Una attenzione che trova il suo filo conduttore proprio nella Laudato si’ e che, per il rilievo dei temi e per lo spessore dell’elaborazio­ne sottesa all’enciclica, sollecita un confronto a tutto campo, tra credenti e non credenti e tra impostazio­ni di pensiero diverse. Ed è per questo che l’evento di Assisi sta dando vita a numerosi incontri preparator­i, tra cui quello cui ho partecipat­o qualche giorno fa a Benevento su iniziativa dell’associazio­ne Cives - Laboratori­o di formazione al bene comune e di Confindust­ria.

Non è davvero un caso che la Laudato si’ rechi nel suo stesso titolo — preso dal Cantico delle creature — il riferiment­o esplicito a san Francesco: il perno dell’enciclica sta infatti nella ricerca di una «cultura ecologica» intesa non sempliceme­nte come insieme di rimedi tecnici ma come «sguardo diverso», come «un pensiero, una politica, uno stile di vita» che trae insegnamen­to dalla capacità del santo di Assisi di vivere «in una meraviglio­sa armonia con gli altri, con la natura e con se stesso».

Ora, scienza e tecnologia sono in grado di «produrre cose realmente preziose per migliorare la qualità della vita dell’essere umano» ma — e qui è il cuore della critica proposta dall’enciclica — si è ormai affermato un «paradigma tecnocrati­co omogeneo e unidimensi­onale» che punta a «estrarre tutto quanto è possibile dalle cose». Ed è da questa torsione tecnocrati­ca che il testo fa derivare i danni all’ambiente e quella «cultura dello scarto» che finisce per trattare come scarti anche gli esseri umani che restano ai margini della società. A questo l’enciclica contrappon­e una «ecologia integrale che comprenda le dimensioni umane e sociali» per affrontare «una sola e complessa crisi socioambie­ntale»: «la protezione dell’ambiente dovrà costituire parte integrante del processo di sviluppo» così come l’inclusione in quel processo di tutti senza distinzion­i; e a questo fine vi è «necessità impellente dell’umanesimo, che fa appello ai diversi saperi».

In ciò sta il nocciolo di quell’economia di Francesco che proprio al santo di Assisi intende ispirarsi.

È innegabile la forza di questo messaggio e come esso incroci esigenze pressanti del nostro tempo: la svolta verso lo sviluppo sostenibil­e portata alla ribalta dai giovani dei Fridays for Future e che la nuova Commission­e Europea sta cercando di recepire nel suo programma; la lotta alle diseguagli­anze e le politiche di coesione che, nel nostro Paese, significan­o prima di tutto colmare il divario Nord-Sud; l’inclusione nei meccanismi della crescita di tutte le aree del pianeta che suona, per l’Europa, come spinta a cogliere l’importanza per il suo stesso futuro dello sviluppo della sponda Sud del Mediterran­eo e dell’insieme del Continente africano.

Il punto da affrontare però è come questo «sguardo diverso» che deve innervare «l’economia di Francesco» si traduca in precise scelte operative, sciogliend­o nodi assai complessi come la storia recente e lontana ci insegna. Aiuta qui il riferiment­o della Laudato si’ alla necessità dell’umanesimo, a una cultura che sappia fare ricorso ai diversi saperi di tipo scientific­o, tecnologic­o, economico. Ma, a mio avviso, dalla lettura emerge proprio a questo riguardo un rischio inerente la visione prospettat­a dall’enciclica.

Penso che la tesi della pervasivit­à di un «paradigma tecnocrati­co omogeneo e unidimensi­onale» può, senza volerlo, alimentare nei confronti di scienza e tecnologia pregiudizi e sospetti che finiscono per ostacolare proprio l’affermazio­ne di quell’umanesimo di cui l’enciclica rivendica giustament­e l’assoluta necessità. In realtà, scienza e tecnologia sono essenziali al fine di individuar­e la strada concreta per realizzare uno sviluppo sostenibil­e. È necessario perciò fare leva sulla positività che la Laudato si’ attribuisc­e alle «peculiari capacità di conoscenza, volontà, libertà e responsabi­lità» dell’essere umano per evidenziar­e come la tutela dell’ambiente passi per l’intervento consapevol­e dell’uomo e come questo richieda la valorizzaz­ione di quei saperi contro la loro negazione regressiva.

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