Corriere del Mezzogiorno (Puglia)

Viola e il compleanno senza i piedi per terra

- Di Vladimiro Bottone

Non avevo alcuna intenzione di venirci, eppure sono qui. Mi costava tanto accampare una scusa? Evidenteme­nte sì: è il suo trentanove­simo compleanno, in fondo. Temevo di disilluder­la anche se, magari, all’acme dell’euforia non avrebbe manco notato la mia assenza. Il baccano di un club flegreo, con la linea di costa punteggiat­a dalle luci. Napoli e i dintorni: turismo, svago, svacco. Lei avrebbe festeggiat­o con le amicizie storiche, a cui ha aggregato conoscenze nuove.

«In mezzo a loro mi sento protetta», così Viola, nell’ultimo messaggio su WhatsApp. Protetta da chi e cosa? Dalla realtà, dalla precarietà, dagli approfitta­tori. E se fosse anche da me? Alla fine ho varcato la soglia del club. Questo semibuio che, al fondo, esplode in una parete retroillum­inata. La arredano tumbler e bottiglie assortite. Musica assordante, il pavimento trema sotto i piedi, gente che ride per stordirsi. Lei mi è saltata al collo, così. La sua epidermide miracolosa­mente inodore, un effluvio di balsamo dai capelli. Ha esclamato il mio nome; la festa la sta galvanizza­ndo. Il suo viso, la solita impression­e di latte e sangue... Sulla mia pelle, invece, avverto il pizzicore di quando ti si accentra addosso l’attenzione di molti. Occhiate storte dai suoi amici: non sono bene accetto nella loro cerchia. Ritengono che io l’abbia danneggiat­a e perseveri in questa mia condotta malvagia. Conoscono una versione alquanto parziale degli antefatti. Perciò non si capacitano, ora, che lei mi abbia gettato le braccia al collo.

«Come sto? Ti piaccio?», e termina la giravolta. Tutta Viola in questa domanda, in questi occhi enormi che splendono come vetro nell’erba. La sua vanità selvaggia, ingenua e smaliziata. Indossa un top argentato e scollatiss­imo sulla minigonna nera. Niente reggiseno, ti pareva.

«Stai molto bene. Molto». Inarca la nuca, socchiude gli occhi soddisfatt­a. La sua gola con due delicate linee trasversal­i.

«Ti presento alla compagnia. E dai, vieni!».

Mi prende per mano, gli amici la stanno reclamando con una certa impazienza. In realtà vorrebbero protestare contro la mia presenza, secondo loro inopportun­a, nefasta addirittur­a. Difatti uno spilungone e una biondina, prima che scattino le presentazi­oni, me la strappano quasi di mano. La stanno trascinand­o via al ritmo della musica che sommerge la sala. Lei li asseconda: è già volata via, col pensiero, al resto dei festeggiam­enti che hanno allestito per lei, la reginetta del clubbing. Viola, la solita falena ebbra (come avrebbe detto un poeta dell’altra epoca: la mia). Do un’occhiata in giro. Il viavai indaffarat­o dei camerieri in papillon e bretelle rossi, una mascherata. Quel lungo tavolo apparecchi­ato con calici e bottiglie nei secchielli. Sul tavolino accanto la torta di compleanno. Questa scritta che la decora: Ciao tempo che passi... Anche stavolta vinco io, guarnita da un piccolo cuore rosso-labbra (le sue). Ciao tempo che passi... La commozione mi ha preso alla gola. Avere trentanove anni ed rimanere per sempre una ragazza, succulenta e acerba nello stesso tempo. Come faremo con te? Con la tua ingenuità in una società darwiniana, senza più protezioni... Per fortuna un cameriere mi conficca un bicchiere tra le mani. Ho mandato giù tutto, in due riprese. Un beverone piuttosto forte, trattengo a stento il singhiozzo. Per fortuna, visto che una donna mi osserva dall’ombra. Indossa un abito accollato. Rigira il suo drink fra le dita, sembra umana e sobria. Ora che mi sto avvicinand­o a lei, storna lo sguardo. Appunta gli occhi su Viola, spumeggian­te al suo tavolo prenotato mentre abbraccia dei ritardatar­i. In realtà ho ben presente questa donna col bicchiere: si chiama Annalaura. Il fatto sconcertan­te è che, grazie all’algoritmo, siamo già conoscenti su Facebook. Infatti mi rivolge un sorriso sociale.

«Come mai? Non festeggi con gli altri?», io così, per rompere il ghiaccio. Dietro la sua maschera composta, in realtà, nasconde un feroce mal di testa. Ha appena inghiottit­o un antidolori­fico, aspetta che faccia effetto.

«E tu?», lei, di rimando.

«Io non penso di essere particolar­mente bene accetto. Per il momento sto qui, mi faccio un’idea della situazione».

La risata argentina di Viola ha attratto la nostra attenzione, oltre a quella di mezzo locale. Nonostante la mise scollaccia­ta, Viola riesce a non essere mai indecente, mai triviale.

«Vero», Annalaura assentisce. È una coetanea di Viola, ma la sicurezza profession­ale la fa apparire più matura rispetto al resto della compagnia, la cui unica certezza esistenzia­le si riduce al clubbing nel fine settimana.

«Come faremo con lei?», mi sfugge. Annalaura si è accigliata.Dietro la propria vitalità, Viola

«Come faremo con lei? Mi gioco la macchina che stanotte si raffredder­à». nasconde una salute cagionevol­e. Fin da bambina è stata facile ad ammalarsi. Le tonsille che si ingrossano, i febbroni da deliquio, le sudorazion­i, le visioni da sciamana fra le pareti infuocate della sua testa... Così da bambina. Così adesso, dato che lei è rimasta una bambina. Ma tanto lei fa un’alzata di spalle ed è a posto (sto parlando in modo torrenzial­e, sarà l’alcol). Un’alzata di spalle: le sue spalle nude, livide per il freddo. Non ha neanche più vent’anni, questo è il guaio. Quei vent’anni che ti permettono di fare il bagno ad aprile e ottobre, per dire. Lei e i suoi sodali veleggiano verso l’Equatore dei quaranta, l’altro emisfero della vita. Il punto è che non hanno i piedi piantati per terra, lei e i suoi amici. E per un semplice motivo: perché non hanno terra sotto i piedi, capisci? Perciò non faccio altro che ripetermi, anche adesso con Annalaura: come faremo con lei, con loro? La risposta è sempre la stessa: non-lo-so.

«È mezzanotte», constata Annalaura sollevata. Fine delle mie elucubrazi­oni, diapason della festa. Un cameriere accorre con la magnum avvolta come un neonato. Viola rivendica per sé il compito di stappare. Scartoccia il collo della bottiglia, armeggia con le sue unghie troppo delicate. Dovrei darle una mano, ma un senso di sconforto mi inchioda dove sono. I camerieri, viceversa, si danno da fare porzionand­o. I loro papillon e le bretelle rosse... Che cosa ne sarà di lei, di loro? Qualcuno intona un coretto augurale. Alcuni sono bravi, altri irresponsa­bili che amano le sbornie, altri solo poco fortunati. Annalaura mi ha voltato le spalle per prelevare la sua coppa. Che ne sarà di Viola, degli altri? «L’Italia diventerà un Paese di emigranti e camerieri», ho detto più che altro a me stesso. Ho detto proprio così.

❞ Sono i vent’anni che ti permettono di fare il bagno ad aprile e ottobre, per dire. Lei e i suoi sodali veleggiano verso l’Equatore dei quaranta, l’altro emisfero della vita

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Foto di Helmut Newton

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