Corriere del Mezzogiorno (Puglia)
Tutto esaurito al Petruzzelli per il gran ritorno di Pollini
In programma Beethoven, la Sonata 101 e la monumentale 106 Hammerklavier
Maurizio Pollini è un pianista-ricercatore che della musica ha indagato i risvolti metastorici. Lo ha fatto con Beethoven, impiegando quarant’anni per completare le incisioni del monumentale ciclo delle trentadue Sonate. È accaduto nel 2014, con la pubblicazione dell’integrale per la Deutsche Grammophon. E proprio a Beethoven, del quale quest’anno ricorre il 250esimo anniversario della nascita, Pollini dedica il concerto di domani (ore 20.30) che lo vede di nuovo nel Petruzzelli di Bari dopo il recital di due anni fa incentrato su Schumann e Chopin. Da settimane c’è il sold out. E le due file di poltronissime aggiunte sono andate via nel giro di un’ora. Così come c’è il tutto esaurito per l’ultima replica di Alice dei Momix, stasera. Sarà una settimana intensa, per la Fondazione Petruzzelli, perché dopo Pollini arrivano il pianista Michail Pletnëv (il 13) e il direttore John Axelrod (il 16).
Il programma approntato da Pollini prevede le prime due delle ultime cinque Sonate, le opere 101 e 106, parte di quel corpus con cui Beethoven manda in pensione il sonatismo basato sulla contrapposizione dei caratteri tematici per far emergere, nella frammentazione dei temi, variazione e contrappunto attraverso il superamento delle gerarchie tonali.Sono pagine imponenti, in particolare la 106 «Hammerklavier», con cui Pollini ha una frequentazione più che quarantennale. Le Sonate 101 e 106 le ha incise per la Deutsche Grammophon alla fine degli anni Settanta, periodo al quale risale il progetto dell’integrale completatosi sei anni fa. Ed era, quello, un periodo in cui Pollini era già considerato uno dei più grandi interpreti, anche degli autori contemporanei, in particolare di Luciano Berio e Luigi Nono. Con Nono e Claudio Abbado, poi, Pollini condivideva l’idea di musica come impegno civile con concerti nelle fabbriche e nelle scuole, grazie anche al «milanese di Martina Franca» Paolo Grassi, il fondatore del Piccolo Teatro e poi sovrintendente della Scala e sostenitore del Festival della Valle d’Itria.
Ancor prima, negli anni Sessanta, Pollini era già ritenuto tra i maggiori interpreti di Chopin dopo la vittoria del Concorso di Varsavia: affermazione arrivata dopo l’exploit a Ginevra, dove nel 1957 era arrivato secondo dietro Martha Argerich, l’altra grande protagonista della stagione del Petruzzelli, ascoltata pochi giorni fa col violoncellista Mischa Maisky. Erano due ragazzini, Martha e Maurizio, lei sedici anni, lui quindici. Strinsero un’amicizia che dura ancora oggi, alla soglia degli ottant’anni. Pollini ha più volte confessato di iniziare a sentire la fatica della vecchiaia, contro la quale sfodera l’antidoto della musica. Perché, come dice lui, «dentro la musica, il tempo si ferma».