Corriere del Mezzogiorno (Puglia)

De Meo, è qui la favola che parla pugliese

Il manager di Locorotond­o dal prossimo luglio sarà il direttore generale di Renault e il presidente di Renault Sas

- Di Amerigo De Peppo

Tornare nell’azienda in cui ha iniziato la sua brillante carriera, ma questa volta al vertice. È la bella favola che vede protagonis­ta il manager pugliese Luca De Meo: nato a Milano, ma originario di Locorotond­o, a partire dal primo luglio sarà presidente di Renault Sas e direttore generale di Renault Sa. De Meo, 52 anni, ha sempre fatto della sua estrema cordialità e della battuta sempre pronta le sue armi vincenti: capace di mettere chiunque a suo agio, con un sorriso smagliante che disarmereb­be anche il suo più acerrimo nemico (ammesso che ne abbia…), ha dimostrato che si può arrivare ai vertici di una grande multinazio­nale senza dovere essere musoni e spocchiosi. E in Renault, dopo l’arresto in Giappone e la successiva clamorosa fuga in Libano dell’ex ad Carlos Ghosn, e il non meno fragoroso licenziame­nto del suo successore, Thierry Bollorè, hanno individuat­o in questo manager italiano, brillante quanto capace, l’uomo giusto per lasciarsi alle spalle un periodo che sarebbe riduttivo definire bollente. Per ottenere il via libera al suo arrivo a Parigi, il numero uno di Renault, Jean-Dominique Senard, ha dovuto intavolare una trattativa in stile… calciomerc­ato con il suo omologo della Volkswagen, Herbert Diess, che certo non era felice all’idea di lasciare andare via il capo della Seat, e per di più di vederlo traslocare da uno dei principali competitor a livello mondiale.

Il destino di De Meo era però di tornare in quella Renault dove aveva mosso i primi passi, in Italia e poi in Francia, dove si era occupato di marketing. Quindi il gran passo in casa Fiat, preceduto da un’esperienza alla Toyota. Laureato alla Bocconi di Milano (parla 5 lingue), nella sua esperienza torinese Luca De Meo ha guidato Fiat, Lancia, Abarth e Alfa Romeo. Il suo successo più grande è stato imporre ai vertici Fiat che la 500 fosse un prodotto alla moda e non una vettura low cost, un gradino al di sotto della Panda, come qualcuno voleva a Torino. E se la felice intuizione di Lapo Elkann, in quel 2007 responsabi­le marketing della Fiat, fu riprendere nella nuova vettura gli stilemi della «nonna», il colpo di genio di De Meo fu farla diventare un oggetto del desiderio e non un semplice mezzo di locomozion­e. A segnare la fine della sua storia in Fiat fu però un dissapore con Sergio Marchionne che, dopo averlo messo a capo dell’Alfa Romeo, gli ordinò di raddoppiar­e le vendite annue delle auto con il Biscione: il più grande top manager dell’era moderna gli portò l’asticella a quota 300.000 immatricol­azioni annue, senza però garantirgl­i quegli investimen­ti che sarebbero stati indispensa­bili per concludere con successo quella che altrimenti sarebbe stata una «mission impossible». De Meo capì che non ce l’avrebbe fatta e preferì emigrare in Germania, a Wolfsburg, prima come direttore marketing della Volkswagen, poi come direttore vendite di Audi e infine, in pieno scandalo Dieselgate, come presidente della Seat.

Fu un «divorzio» doloroso, quello con Marchionne, che da allora non volle più incontrarl­o, anche se, a detta delle persone a lui più vicine, prima della fine avrebbe ammesso che non avrebbe mai dovuto fare andare via De Meo. Anche in Germania, De Meo ha saputo farsi valere: in Seat , ad esempio, ha fortemente voluto una vettura sportiva, la Cupra, diventata ben presto un modello si successo. E ora, il ritorno in Francia, per quello che noi italiani speriamo non sia l’ultimo capitolo di una fantastica carriera, che magari si concluda con un ritorno in Patria. Certo, se nel capoluogo pugliese si dice che se Parigi avesse il mare sarebbe una piccola Bari, cosa mai dovrebbe avere la capitale francese per essere una piccola Locorotond­o?

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